STORIA DEL METODO MÉZIÈRES
Nel 1937 Françoise Mézières si diploma come Terapista della Riabilitazione presso l’Ecolei Francaise d’Orthopedie, dove rimane per lavorare in qualità di Terapista, soprattutto nel campo della ginnastica medica.
Nascita del Metodo
Il Metodo Mézières nasce nel 1947, a seguito dell’osservazione di una paziente affetta da ipercifosi e da una grave forma di periartrite scapolo-omerale bilaterale che limitava qualsiasi movimento naturale degli arti superiori. La paziente inoltre portava da tempo un corsetto in ferro e cuoio che gli aveva procurato molte ulcerazioni sulle spalle e sulle anche. Naturalmente la paziente si era rivolta alla terapista per il dolore e la limitazione funzionale degli arti superiori che gli impedivano anche i più banali gesti della vita quotidiana (cucinare, pettinarsi etc.). In un primo momento la Meziérès decise di lavorare da seduta ma la paziente era talmente rigida che era impossibile tenere questa posizione



Decise cosi di lavorare in decubito supino. (fig.1)
Premendo sulle spalle per correggere l’anteposizione vide subito comparire una marcata iperlordosi lombare (fig.2),
Cercò di correggerla facendole portare gli arti inferiori flessi verso il petto in modo da portare il bacino in retroversione e vide che spariva l’iperlordosi lombare ma aumentava la lordosi cervicale tanto che il paziente non riusciva più a tenere il mento vicino al collo. (fig.3)
Fece ripetere questo lavoro diverse volte ma la risposta fu sempre uguale. Da questa osservazione Mézières concluse che:
1) I numerosi muscoli dorsali si comportano come un singolo muscolo
Prima Osservazione
I numerosi muscoli dorsali si comportano come un singolo muscolo, questa è stata la constatazione di ciò che la Mézières vide prodursi sulla colonna vertebrale della sua paziente. Inizialmente non seppe darsi una risposta, in seguito, ripreso lo studio dell’anatomia, vide che i numerosissimi muscoli poliarticolari della colonna, e non solo quelli, erano intricati tra loro, come se si sovrapponessero come le tegole di un tetto formando una catena muscolare. E’ facile visualizzare questa catena muscolare guardando i muscoli superficiali del dorso, dove vediamo le ultime inserzioni del trapezio ricoprire le prime inserzioni del gran dorsale, quindi per formare queste catene ci vuole una sovrapposizione di muscoli adiacenti da punto di vista inserzionale.
2)Questi muscoli sono troppo forti e troppo corti.
Seconda Osservazione
Il secondo punto è proprio una conseguenza del primo, perché è a causa di questa organizzazione dei muscoli in catene che il tono muscolare dei vari segmenti adiacenti tra loro si somma e alla fine questi risultano troppo forti e troppo corti. Non esiste un movimento che noi possiamo fare naturalmente senza influenzare la catena posteriore. Quando flettiamo o abduciamo il braccio oltre i 60°, o quando estendiamo o abduciamo l’arto inferiore oltre i 45°, i muscoli della catena posteriore si accorciano. La somma di queste continue contrazioni concentriche della muscolatura posteriore fa si che alla fine questi muscoli risultino troppo forti e troppo corti. M. diceva che nei suoi 43 anni d’esperienza professionale non aveva mai visto una patologia la cui causa (a parte le fratture nelle patologie congenite) non fosse dovuta ad un eccesso di tensione della muscolatura posteriore.
3) Qualsiasi azione localizzata sia in allungamento che in accorciamento provoca istantaneamente l’accorciamento dell’insieme della muscolatura.
Terza Osservazione
Le catene muscolari si comportano in modo caratteristico, infatti qualsiasi azione localizzata, sia in allungamento che in accorciamento, provoca istantaneamente un accorciamento dell’insieme della muscolatura. Mézières aveva notato che un paziente a cui vengano sollevate le gambe fatica molto a tenerle estese e tende a flettere le ginocchia. Se la flessione delle ginocchia viene impedita, si osserva che il paziente tende a sollevare il bacino. Questo perchè qualsiasi modificazione della lunghezza di un elemento del sistema muscolare produce una trazione sulle inserzioni prossimali dell’elemento sucessivo. Tutto questo conferma l’inutilità del lavoro segmentario. Per eliminare i compensi la Meziérères decise di porre la paziente sdraiata supina con le gambe a squadra. Grazie a questa postura, che impediva i compensi, concluse che:
4) Qualsiasi impedimento all’allungamento provoca istantaneamente delle latero-flessioni e delle rotazioni del rachide e degli arti.
Quarta Osservazione
Il quarto punto è una diretta conseguenza dell’orientamento inserzionale dei muscoli, le loro inserzioni non sono infatti rettilinee ma oblique. In base alla loro obliquità hanno un effetto di latero-flessione e di rotazione. Normalmente per ogni muscolo si ricorda la sua direzione di lavoro prevalente, ma i muscoli poliarticolari svolgono dei movimenti pluridirezionali, sono flessori in senso anteriore o posteriore, sono lateroflessori e sono rotatori interni ed esterni. Queste azioni si sostituiscono le une alle altre, quindi quando ne viene impedita una si manifesta l’altra. Ad esempio consideriamo il semitendinoso e il semimembranoso che sono flessori e intrarotatori del ginocchio, se viene loro impedita la possibilità di effettuare la flessione agiranno come rotatori interni. La rotazione che viene prodotta come compenso è sempre una rotazione interna. Riprendendo l’esempio del paziente supino con le gambe a squadra, se impediamo al bacino di sollevarsi da terra e chiediamo l’estensione delle ginocchia nel caso in cui la muscolatura posteriore non ha una lunghezza sufficiente per sopportare questo aumento di tensione si verificherà una rotazione interna delle ginocchia. Così quando chiediamo una flessione anteriore del tronco, se la muscolatura posteriore è troppo corta tutta la lunghezza della muscolatura dorsale sarà ottenuta a scapito degli arti inferiori; quindi vedremo prodursi o la flessione delle ginocchia o, a ginocchia estese, una rotazione interna delle ginocchia stesse. E’ dunque di fondamentale importanza nella correzione posturale considerare la triplice funzione dei muscoli. Bisogna ricordare inoltre che i pronatori e i rotatori interni nella scala filogenetica sono i muscoli più antichi e dunque i più sviluppati, (basta pensare al solo gesto di prendere del cibo e portarlo alla bocca) pertanto prevalgono sui supinatori e sui rotatori esterni.
5) L’allungamento, la derotazione, il dolore, qualsiasi sforzo da parte del paziente provoca un blocco respiratorio in inspirazione.
Quinta Osservazione
Mézières osservò che un paziente durante un qualsiasi sforzo o per un allungamento, un dolore, una derotazione, si bloccava in fase di inspirazione con conseguente blocco del diaframma. Se osserviamo un soggetto con un blocco inspiratorio vediamo il torace proiettato in alto e in avanti con le ultime coste molto sporgenti. Nel tratto dorsale le coste si articolano con le vertebre e le inserzioni costali e vertebrali del diaframma aumentano questa loro interdipendenza con il risultato che se le coste sono proiettate in avanti, le vertebre seguono e si infossano determinando così una lordosi e quindi un accorciamento posteriore. E’ fondamentale mobilizzare il diaframma nella espirazione, perché se non riusciamo ad aiutare il paziente a liberare la sua respirazione, risulta vano qualsiasi allungamento delle catene muscolari. Il diaframma è un muscolo che lavora in maniera continua è allenatissimo, non è mai debole . Se durante la respirazione la sua azione non è sufficiente, è perché ci possono essere dei blocchi funzionali delle strutture proprie del diaframma o di quelle a distanza che ne limitano il suo normale funzionamento. Ancora oggi, nella clinica respiratoria, si cerca di risolvere il problema attraverso una rieducazione del diaframma, come se nono sapesse respirare!!! La soluzione di questo problema si ottiene invece con la liberazione delle strutture proprie del diaframma e di quelle a distanza che gli impediscono di funzionare
liberamente.
Queste sono le cinque osservazioni più importanti della Mézières, ne verificò la veridicità per due anni prima di rendere pubbliche le sue osservazioni attraverso uno scritto
“Rivoluzione in Ginnastica Medica ” pubblicato nel 1949
Rivoluzione in Ginnastica Medica
La ginnastica tradizionale è fondata sul concetto, non discriminativo, di debolezza muscolare.
Nel migliore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, attraverso un lavoro analitico, effettua un rinforzo muscolare concentrico della muscolatura anteriore ipotonica, e cerca di allungare attraverso stiramenti analitici la muscolatura posteriore. Questo approccio è destinato all’insuccesso per il semplice motivo che:
1. Lo stiramento analitico della muscolatura posteriore non crea un allungamento permanente, reale e completo di tutta la catena posteriore che rimane invariabilmente accorciata.
2. Ha una bassa specificità, perchè non agisce in maniera selettiva sul muscolo più retratto della catena.
3. L’accorciamento della muscolatura anteriore crea un aumento di pressione sulle articolazioni (soprattutto a livello discale) che và a sommarsi a quello posteriore sempre troppo alto. Quindi se l’articolazione prima trovava una via di fuga anteriore all’enorme pressione posteriore, ora e condannata ad una degenerazione ancora più rapida perchè compressa in maniera multidirezionale.
Nel peggiore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, effettua un lavoro isotonico concentrico su tutta la catena muscolare posteriore aggravandone la retrazione.
Mézières cambia radicalmente il concetto di debolezza muscolare, ci insegna che i muscoli della catena posteriore sono deboli quando sono ipertonici, troppo corti e troppo forti. Conseguentemente i muscoli anteriori diventano deboli quando sono ipotonici e rilasciati.
Per un corretto approccio terapeutico deve essere fatta questa discriminazione fondamentale. I muscoli della catena posteriore devono essere allungati attraverso delle posture eccentriche alle quali viene associato un lavoro isometrico, contemporaneamente i muscoli anteriori ipotonici verranno esercitati da un lavoro isometrico concentrico. E’ la stessa postura eccentrica che permette un ” travaso di tono” dai muscoli posteriori ipertonici ai muscoli anteriori ipotonici.
• In un corpo sano la funzione governa la struttura.
• In un corpo malato la struttura governa la funzione.
Il Metodo Mézières normalizza tutti i problemi osteo-articolari e morfologici perchè agisce sulla struttura per recuperare forma e funzione. Questa è un’altra differenza fondamentale con la chinesiterapia classica che lavora sulla funzione (movimento) per recuperare la forma, ma la modificazione della cattiva forma non si può ottenere che agendo sulla struttura che determina contemporaneamente il recupero della funzione. Grazie alla correlazione forma struttura funzione, il Metodo Mézières si può considerare ben più di un metodo ortopedico.
Si fa prima a deviare il corso di un fiume che a far capire la verità a coloro che ricavano profitto dall’ ignorarla.
E. Grevilee
FISIOLOGIA muscolare
Francoise Mézières ha dimostrato che l’intera struttura muscolare è funzionalmente organizzata in “catene muscolari”. Attraverso uno studio approfondito dell’anatomia Mézières notò che la funzione di un muscolo non poteva essere limitata dai sui punti di inserzione. Osservando i muscoli nell’insieme scoprì che i confini di ogni singolo muscolo (funzionalmente parlando) non terminano in realtà laddove si inseriscono, ma prolungano la loro possibilità d’azione grazie ai punti d’inserzione dei muscoli contigui. Qualsiasi movimento non può essere eseguito tramite l’utilizzo di un singolo muscolo e non avviene solo su un singolo piano, come viene rigidamente schematizzato su ogni manuale di chinesiologia. Ogni “movimento reale” è sempre il risultato di un reclutamento variabile di più muscoli che lavorano contemporaneamente su molteplici piani.
Comportamento visco-elastico del muscolo
Da quanto esposto sopra, si può comprendere quanto sia difficile ottenere un “allungamento reale”, stabile e duraturo di un un muscolo cronicamente accorciato all’interno di una catena muscolare.
Quando ci troviamo di fronte ad un problema di retrazione muscolare è indispensabile conoscere perfettamente il comportamento elastico del muscolo. Quando si stira un muscolo oltre la sua lunghezza di riposo, appare una tensione che cresce rapidamente con l’estensione. Nel momento in cui inizia ad entrare in funzione il carico l’allungamento viene attuato in due tempi:
• Il primo immediato, ad effetto rapido.
• Il secondo lento e prolungato che porta poi alla lunghezza definitiva.
Tenendo in considerazione che il muscolo ha un comportamento di tipo “visco-elastico”, il suo allungamento guadagnato risponde all’equazione:
Indice di deformazione (Creep o Fluage) = Forza Applicata / coefficiente di elasticità x Tempo
Quindi più un muscolo è elastico, più il suo coefficiente di elasticità è alto e dunque si deformerà più difficilmente rispetto ad un muscolo accorciato il quale, avendo un coefficiente di elasticità molto basso, si deformerà per primo. Un altro parametro da tenere in considerazione è il tempo. Il Fluage è direttamente proporzionale al tempo impiegato per allungare una catena quindi, la ginnastica rieducativa classica che si basa sul movimento e sull’allungamento settoriale, non può ottenere un allungamento reale e completo di tutta la catena (vedi Rivoluzione in Ginnastica Medica).

Come si può vedere dal grafico dopo l’applicazione di una forza c’è una deformazione elastica istantanea OA (prima deformazione elastica, istantanea). A questa segue poi una deformazione ritardata AB (seconda deformazione, lenta). Quando in T1 la forza cessa d’agire, c’è una parziale caduta da B a C1, seguita da un ritorno ritardato da C1 a D, nel tempo T2. Il tratto DE rappresenta la deformazione permanente, l’allungamento realmente guadagnato, alla fine di un ciclo caricoscarico. E’ evidente che il Creep AB comprende due componenti che si distinguono soltanto nel Creep di ritorno. La componente elastica da C1 a C2 è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Primaria o Creep Primario”. La componente viscosa da C2 a C3 non è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Secondaria o Creep Secondario”, e rappresenta l’allungamento guadagnato DE. Da questo semplice grafico si può capire che che la soglia di deformazione non è facile da raggiungere perchè, essendo qualsiasi forma di stiramento muscolare disgregabile, il paziente tende a sottrarvisi attraverso compensi involontari anche in parti del corpo molto lontane dal segmento da allungare. Per questo motivo il metodo Mézières è stato definito molto spesso come una “caccia ai compensi”. Quando chiediamo un movimento perchè cerchiamo di lavorare su una determinata parte del corpo e quindi su una determinata parte della catena, dobbiamo guardare che cosa succede, quali sono i compensi che si producono altrove. Se ad esempio chiediamo al paziente di inclinare la testa perché vogliamo correggere le vertebre cervicali, oltre ad osservare la testa mentre compie il movimento, dobbiamo guardare le modificazioni della forma a livello del torace, del bacino, degli arti, perchè è altrove che si creano gli accorciamenti come risposta compensatoria all’allungamento della parte superiore della catena; ovviamente è importante impedire questi compensi.
Deformazione Muscolare
Nel grafico precedente abbiamo visto quanto sia complesso raggiungere la soglia di deformazione muscolare. Quando stiriamo un intero segmento di una catena le cose si complicano perchè tutti i muscoli che lo compongono saranno sollecitati, a livello della loro “perfetta elasticità“, prima di raggiungere la soglia di deformazione del muscolo che risulta meno elastico. Occorre dunque esercitare una sufficiente tensione per raggiungere questa soglia. I muscoli retratti (con un coefficiente di elasticità basso), possedendo una soglia di deformazione più bassa, si deformeranno per primi e in maniera più considerevole dei muscoli più elastici.

L’immagine mostra, sul lato destro, una catena muscolare con coefficiente di elasticità variabile: Il IV muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più alto, è il più elastico e pertanto si deformerà per ultimo. Il III muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più basso, è il più retratto e pertanto si deformerà per primo. Il I e il II , che hanno un coefficiente di elasticità nella media, si deformeranno prima del IV ma dopo del III. Volendo essere più precisi l’ordine di allungamento sarà dunque il seguente: muscolo III, II, I, IV. L’immagine mostra, sul lato sinistro, come viene reso possibile l’allungamento reale dei muscoli facenti parte della stessa catena. La contrazione isometrica eccentrica, effettuata grazie alla messa in tensione degli estremi della catena, svolge due ruoli particolarmente importanti:
E’ l’unica contrazione in grado di costruire sarcomeri in serie all’interno del muscolo, formando un muscolo fusiforme, elastico, realmente lungo. Infatti la contrazione isotonica concentrica induce la neoformazione di sarcomeri in parallelo rendendo il muscolo corto, voluminoso e resistente all’allungamento. D’altra parte lo streching selettivo tradizionale aumenta solamente la lunghezza dei sarcomeri presistenti, non migliorando realmente e stabilmente la lunghezza del muscolo. (ved inoltre lo Streching analitico).
Streching Analitico
Non dobbiamo farci trarre in inganno dal fatto che, quando facciamo un allungamento analitico (streching classico), sentiamo stirare i muscoli: non ha alcun significato importante, perchè:
1. Lo streching determina un allungamento dei sarcomeri presistenti provocando un allungamento fittizio del muscolo, rapidamente perso con il riposo. Ecco come si spiega il meccanismo per cui un atleta che ha fatto streching analitico per anni, se rimane a riposo per alcune settimane, vede la propria elasticità ridursi notevolmente.
2. Un allungamento settoriale che non sia associato ad un allungamento globale sarà elaborato dai centri nervosi superiori come un elemento destabilizzante della postura. Questa “destabilizzazione posturale”, registrata dal sistema recettoriale muscolare, sarà interpretata dai centri tonogeni superiori come una condizione metastabile che dovrà essere aggiustata rapidamente, attraverso il controllo della sistema osteo/muscolo/articolare, con il ripristino della condizione posturale precedente o con un nuovo equilibrio instabile. E’ dunque fondamentale allungare contemporaneamente tutti i muscoli che costituiscono la catena muscolare attraverso delle posture eccentriche, mettendo cioè in tensione le due estremità della catena, ed effettuare delle contrazioni isometriche. Questa procedura, dilacerando il connettivo e formando sarcomeri in serie, riduce stabilmente la resistenza passiva muscolare, rendendo i muscoli realmente lunghi, elastici e fusiformi.
3. La contrazione isometrica eccentrica permette inoltre di agire sul tessuto connettivo profondo; dall’immagine si può vedere infatti come il sistema connettivale muscolare, filamenti di congiunzione e giunzioni miotendinee, venga dilacerato in maniera profonda e totale rendendo l’allungamento guadagnato ancora più importante.
Noi tutti sappiamo che la forza passiva di un muscolo dipende dal numero e dalla lunghezza dei sarcomeri, oltre che dalla quantità di tessuto connettivo che costituisce il muscolo stesso. Da quanto esposto sopra si evince dunque che il Metodo Mézières è l’unico in grado di diminuire efficacemente la resistenza passiva muscolare perchè agisce in maniera impeccabile sia sui sarcomeri che sul tessuto connettivo.
neurofiologia
Controllo Riflesso della Postura
Il termine “Postura”, già presente nella nostra lingua a partire dal 1200, è stato utilizzato per la prima volta ne Rinascimento da Redi nel suo “Trattato di Anatomia Umana” per definire: “..un atteggiamento abituale del corpo o di parti di esso.” Essendo la posturologia un ramo della scienza a carattere multidisciplinare, non è senz’altro questa la sede più idonea per approfondire nei dettagli questo argomento molto complesso. Basti comunque sapere che se la stazione eretta normalmente non necessita di alcuna contrazione muscolare, il riequilibrio, essendo una funzione attiva, necessita invece di una contrazione muscolare che nasce obbligatoriamente dall’interazione del Sistema Cibernetico (insieme delle vie afferenti ed afferenti del Sistema Nervoso) con l’apparato osteo-artromuscolare.
Sistema Cibernetico
Una parte del sistema cibernetico estremamente importante per la regolazione della postura è rappresentato dal “Complesso Recettoriale”. Esistono 2 tipi di sistemi recettoriali:
• Il Sistema Esterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti dall’ambiente esterno, grazie alle quali siamo in grado di adattare continuamente la nostra postura in funzione dell’ambiente che ci circonda. Fanno parte di questo sistema la vista e il sistema di orientamento ed equilibrio dell’orecchio interno (Sistema Vestibolare).
• Il Sistema Enterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti direttamente dall’interno del nostro corpo (visceri, muscoli, tendini, fasce, ligamenti, etc.). A questo proposito, analizzeremo ora in modo più approfondito il sistema dei “Fusi Neuromuscolari”.
I fusi neuromuscolari sono le strutture deputate al controllo del tono muscolare, quello stato cioè di di leggera tensione presente nei muscoli striati a riposo. Paralleli alle fibre dei muscoli striati, sono di due tipi: i fusi a sacco e i fusi a catena. Nell’uomo predominano le fibre a catena. Queste sono montate in parallelo sulle fibre a sacco.

Innervazione Sensitiva
1. Le Fibre a Sacco sono innervate dalle fibre nervose mieliniche Ia di grosso calibro (da 12 a 20 micron) che si avvolgono intorno al sacco e intorno alle fibre a catena.
2. Le Fibre a Catena sono innervate in modo specifico, dalle fibre nervose mieliniche II, più sottili (da 4 a 12 micron) che si avvolgono esclusivamente intorno ad esse.
3. I Corpuscoli del Golgi sono innervati invece dalle fibre mieliniche di tipo Ib.
Innervazione Motoria
1. Le Fibre Gamma 1 innervano le fibre a sacco.
2. Le Fibre Gamma 2, più sottili, innervano le fibre a sacco e a catena.
3. I Motoneuroni Alfa innervano invece le fibre extrafusali.
Parleremo ora più dettagliatamente dei più importanti riflessi posturali attivati da questo complesso sistema recettoriale:
• Riflesso Miotatico Diretto (o R. da Stiramento). Viene così chiamata la contrazione riflessa di un muscolo, nel momento del suo stiramento. Troviamo questo riflesso in ogni muscolo flessore od estensore che sia. Si può considerare un meccanismo di autoregolazione della lunghezza muscolare, capace di regolare il buon svolgimento di un muscolo, o di assicurare il mantenimento di una postura. Il riflesso miotatico, che teoricamente è riferito soltanto al muscolo stesso, può anche essere accompagnato dall’inibizione del riflesso miotatico dei muscoli antagonisti. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre di tipo Ia, che involgono i fusi neuronuscolari a sacco e a catena, e rispondono a una soglia di attivazione di 3 grammi. Si tratta di un riflesso a conduzione rapida, poichè monosinaptico, ad emissione fasica, tributario del grado di tensione del muscolo, e della sua rapidità di risposta (reagente ad un minimo stimolo).
• Riflesso Miotatico Inverso. Bisogna ricordare che al di là di un certo limite di tensione del muscolo, il riflesso miotatico cede bruscamente. L’attivazione dei motoneuroni fa posto alla loro inibizione, mentre sono attivati i motoneuroni dei muscoli antagonisti. Si tratta pertanto di un autoinibizione di un muscolo stirato. Questo riflesso partecipa alla elaborazione delle contrazioni programmate, nella misura in cui, mentre il muscolo si contrae, la tensione che esso impone ai suoi antagonisti, facilita la propria contrazione. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre Ib disinaptiche che emanano dai Corpuscoli del Golgi, diffusi nel tendine. Questi corpuscoli sono disposti in serie, in rapporto al muscolo, e sono, quindi, dei recettori di tensione, mentre i fusi possono essere considerati dei recettori di lunghezza. I recettori del Golgi sono sensibili a una tensione che va dai 100 ai 200 grammi. La loro soglia di attivazione è pertanto molto più alta di quella fusale. Come vedremo più avanti il Metodo Mézières è basato fondamentalmente su questo tipo di riflesso(vedi inoltre I Riflessi Antalgici).
I Riflessi Antalgici
Francoise Mézières prendeva in seria considerazione il rapporto tra i riflessi antalgici e le modificazioni posturali (compensi e deformazioni) che generavano da essi. Non esiste possibilità di sopravvivenza senza meccanismi efficaci di difesa. Questi meccanismi devono soddisfare 3 leggi:
1. Legge del dell’equilibrio: Equilibrio fisico, biologico (omeostasi), ma anche mentale. L’equilibrio perfetto, cioè l’immobilità, non esiste. Esso può essere solo attivo e dinamico.
2. Legge dell’economia: Tutte le funzioni di base (respiratoria, circolatoria, digestiva, statica, locomotoria), devono spendere poca energia.
3. Legge del Confort (o del Non Dolore): L’uomo non sopporta di vivere con informazioni essenzialmente nocicettive; il suo rifiuto di soffrire può arrivare fino alla scotomizzazione (suicidio).
4. Quando dunque interviene un fattore perturbatore dell’equilibrio (es. un trauma sia essopsichico,viscerale o osteo-arto-muscolare), il sistema si organizzerà in modo da evitare il dolore e ripristinare, per quanto sia possibile, l’omeostasi perduta. Il neoequilibrio non è possibile se non attraverso meccanismi di compenso (deformazioni), che però vanno a discapito della legge dell’economia perchè richiedono un maggior dispendio energetico. Nei casi più gravi, la legge del non dolore può contestare la legge dell’equilibrio al punto tale che il soggetto dovrà restare a letto. I meccanismi di difesa, responsabili dei compensi, sono possibili grazie a due tipi di riflessi:
• I Riflessi antalgici a priori : sono riflessi che intervengono ancora prima che il dolore venga corticalizzato. Essi trovano il compenso adatto che eviti il manifestarsi del dolore stesso.
I Riflessi Antalgici a Priori
Secondo F. Mézières, un paziente che giunge da noi manifestando del dolore, evidenzia un’algia che è la conseguenza di altri dolori nascosti, occultati da riflessi antalgici precedenti. Questi riflessi, che sono reazioni che precedono il segnale doloroso, sono i responsabili di tutte quelle compensazioni che il nostro corpo mette in atto per non soffrire. Tutte le volte che un paziente arriva da noi e come se si portasse dietro delle “valigie piene di compensazioni” che lui stesso ignora. Il Mezierista “apre” queste valigie per trovare il problema iniziale da cui scaturiscono tutte queste compensazioni. E’ chiaro che tutti gli approcci globali si preoccupano di andare alla ricerca della “lesione primaria”, usando strategie differenti . Ricordiamo infatti che la lesione primaria è anche la preoccupazione principale dell’osteopata, dell’omeopata, dell’agopunturista che tentano di risolvere il problema rispettivamente con: la giusta manipolazione , il rimedio omeopatico più opportuno, l’ago unico. F. Mézières, al contrario, prende tempo. Il tempo necessario per instaurare un dialogo, per leggere la storia raccontata dal corpo, un corpo che si esprime un pò alla volta. Spesso ribelli, le fasce reagiscono, i muscoli tremano, hanno dei crampi, poi improvvisamente cedono….Cedono mentre appaiono nuove barriere….Pazientemente F. Mézières tenta di estirpare ciò che il corpo ha invece represso. Nel migliore dei casi, è l’inizio di un viaggio lento e paziente, in cui la lesione o le lesioni primarie si lasciano affrontare per ritrovare l’armonia perduta. “Non pensavo di sentire dolore in questo punto, ero venuto per un altro dolore.” E’ una frase che abbiamo sentito spesso durante il mantenimento delle posture, durante il massaggio o l’esplorazione dei tessuti. L’osservazione delle “grinze”, ossia lo studio delle compensazioni e l’esplorazione dei tessuti, rivela i problemi nascosti solo in parte. F. Mézières allora inizia la sua indagine per vedere dove tutto si è generato. Durante il lavoro evocherà dolori sconosciuti, quei crampi e tremori che cercano ancora di mascherare quello che sta per essere rivelato. Questi compensi segreti del corpo vengono progressivamente scoperti ed estirpati dai nostri muscoli in una vera e propria battaglia. La differenza con gli altri procedimenti globali sta dunque nel tempo. Infatti, quando un muro crolla, non sempre significa che il problema sia stato risolto; qualcosa si è destrutturato. Questa fragilità improvvisa può condurre allora ad altre sofferenze e a nuove compensazioni. Il corpo ha impiegato del tempo a moltiplicare le proprie tensioni, anche nell’ordine di anni. Il lavoro pertanto non potrà essere che lento e paziente: “togliere” uno strato sopra, “ricostruirne” uno sotto. Allora, F. Mézières, si sedeva al suolo, per lungo tempo, senza smettere, prendendo tra le mani il corpo e allentando, nodo dopo nodo, le tensioni presenti, ricostruendo così l’immagine del corpo e la meccanica intorno agli assi e alle spirali di movimento. In questo modo non ci si accorgerà nemmeno che il muro è crollato, poiché una nuova struttura riparatoria sta già nascendo….
• I Riflessi antalgici a posteriori : sono invece riflessi che intervengono dopo che il dolore viene corticalizzato. Essi trovano il compenso che riduca o, se è possibile, abolisca il dolore.
Riflesso Antalgico a Posteriori
Andremo ora a descrivere la storia di un famoso caso clinico in cui ha giocato un ruolo fondamentale, nella genesi del compenso, il riflesso antalgico a posteriori.
Una mamma presenta il 20/08/74, la sua figliola di 10 anni afflitta da atteggiamento scoliotico oggettivato da radiografie effettuate quattro giorni prima (Radiografia N.1). La madre sostiene che il manifestarsi della deformazione è molto recente, e che il suo apparire è stato improvviso. Una accurata anamnesi permette di venire a conoscenza di una caduta della piccola, avvenuta prima che la deformazione si manifestasse, e che si era apparentemente conclusa con un lieve dolore ai glutei, scomparso in poche ore. Dopo la prima seduta Mézières, praticata il 20/08/74 che rivelò e soppresse il dolore nascosto nella regione glutea, i risultati furono così stupefacenti da richiedere nuove radiografie. Quando il 26/08/74 le stesse furono effettuate, ci si accorse che la colonna vertebrale era ridivenuta perfettamente normale (Radiografia N.2).

Radiografia N.1 Radiografia N.2
Nella prima radiografia si nota che la testa non è equilibrata perfettamente, il che prova che questo atteggiamento è suscettibile di evoluzione. E’ chiaro che ciò non dimostra quello che ci si può aspettare dal trattamento Mézières sulle scoliosi evolute che necessitano purtroppo di cure attente e prolungate, ma mostra l’esistenza di un riflesso antalgico a posteriori che, per celare un dolore al gluteo, ha creato una compensazione scoliotica. Bastò una sola seduta praticata in tempo sulla causa reale della lesione per risolvere il compenso.
In entrambi i casi, il compenso seguirà uno schema logico: dapprima sarà regionale e, successivamente, se il dolore non verrà abolito, diventerà globale. Tutti i riflessi antalgici, tramite i compensi che generano, hanno la caratteristica di modificare lo schema corporeo. Questo renderà la rieducazione ancora più difficile perchè il soggetto integrerà come normale lo schema corporeo scorretto dunque, quando inizialmente chiederemo al paziente di correggere una postura viziata, questi avrà l’impressione che vogliamo imporgli una posizione scorretta. Bisognerà quindi finalizzare il trattamento sulla presa di coscienza del paziente sulle sue deformazioni per ottenere un recupero morfologico ottimale.
Innervazione Motoria
Come accennato precedentemente, l’innervazione motoria delle fibre intrafusali è assicurata dai motoneuroni gamma. L’eccitazione delle fibre gamma I, che sono destinate alle terminazioni primarie, comporta un rinforzo delle risposte dinamiche allo stiramento, senza peraltro rafforzare le risposte statiche. L’eccitazione delle fibre gamma II, destinate alle terminazioni primarie e secondarie, crea una diminuzione e/o la soppressione delle risposte fasiche, e un aumento delle risposte statiche. L’attività dei fusi è dunque permanente. L’interazione delle fibre nervose dei fusi con i motoneuroni alfa (una fibra Ia interagisce con più di cento motoneuroni alfa ) destinati alle sue unità muscolari, forma il famoso “Circuito o Nodo Gamma”.
Storia del metodo mézières Storia del metodo mézières Storia del metodo mézières Storia del metodo mézières Storia del metodo mézières

Fisiologia dell’attivita’ Gamma
Se la nozione di motricità dei fusi appare indiscussa, il suo ruolo preciso nel contesto della fisiologia muscolare dà àdito a differenti interpretazioni. Alcuni pensano che l’attività gamma regoli la tensione dei fusi, poichè questa aumenta la sua scarica nel momento della contrazione (cioè quando, sotto l’effetto dell’accorciamento del muscolo i fusi rischierebbero di divenire silenti) e poichè essa diminuisce la sua attività nel momento della distensione del muscolo. Altri vedono nel sistema dei fusi un neuromeccanismo, destinato a mantenere costante la lunghezza del muscolo. Nel momento di uno sforzo, e grazie al parallelismo con la motricità alfa, l’attività gamma può assicurare il continuo “aggiustamento” della postura.
Influenze Esterocettive
Il tono, oltre alla diminuzione in caso di stiramento muscolare accentuato, si riduce sensibilmente quando la pelle è sottoposta a manovre sedanti (massaggio connettivale-riflesso).
Conclusioni
Il Metodo Mézières è basato sul sistema propiocettivo di inibizione (riflesso miotatico inverso), che inibisce gli agonisti facilita gli antagonisti e si attiva ad una soglia di del tendine con un peso compreso fra i 100 e i 200 grammi. La trazione stabile sui muscoli posteriori troppo forti porta dunque al recupero dei muscoli anteriori troppo deboli. Si potrebbe concludere parafrasando la stessa Mèzières che diceva: ” Io non rafforzo mai un muscolo, stiro il suo antagonista.” Inoltre, da quanto esposto in queste pagine, deriva una conseguenza di grande importanza: “la postura e il movimento umano non sono programmati geneticamente”, ma vengono modificati dalla nostra stessa volontà, dalle circostanze della vita, soprattutto dalle complicanze post-traumatiche a carico dell’immagine corporea, intendendo con ciò la conoscenza che abbiamo del nostro corpo in relazione all’ambiente che ci circonda (dimensione spazio-temporale). Del resto, le aggressioni più pericolose, più destabilizzanti, sono quelle subliminari, non coscienti, ripetitive, (ad es: le aggressioni psichiche quotidiane), a carico del sistema osteo-arto-muscolare e viscerale. I meccanismi di difesa sono tanto perfetti e sottili da camuffare l’aggressione così che essa non arrivi più a livello cosciente. Le aggressioni, soprattutto se ripetitive, scateneranno una vigilanza costante, permanente, per cui l’ipertono diverrà costante, i nostri muscoli saranno dunque condannati ad rigidità permanente.
Fonte : Fisiokinesiterapia
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