LOGOPEDIA IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE: APPROCCIO AL NEONATO CON DISORDINI NELLE ABILITÀ ORO-ALIMENTARI
Terapia e riabilitazione Artrite Psoriasica
La Psoriasi è una malattia reumatica infiammatoria, che assume un andamento cronico ed è associata alla psoriasi. Si può manifestare in diverse forme, con vari sintomi e segni, che dipendono anche dalle articolazioni colpite. La familiarità svolge un ruolo molto importante e l’esordio, sia ha in un’età compresa fra i 20 e i 50 anni. Esiste anche una forma giovanile della malattia, che colpisce i bambini e i ragazzi, anche se è piuttosto rara. L’artrite psoriasica colpisce prevalentemente le ginocchia, le anche e i piedi. Tuttavia si possono avere manifestazioni sintomatiche anche alla colonna vertebrale e alle articolazioni delle mani. Nonostante la disponibilità di alcuni trattamenti, è una malattia che dura tutta la vita.
Il trattamento dell’artrite psoriasica costituisce sicuramente una delle problematiche più aperte in reumatologia, anche perché i farmaci proposti per la terapia di fondo in genere risultano meno efficaci e sicuri rispetto ad altre forme reumatiche: sono quindi meno frequenti remissioni complete e durature. Il loro impiego accanto ai vari prodotti sintomatici a lungo andare viene sovente mal tollerato. Anche la terapia chirurgica offre indicazioni limitate alle forme particolarmente gravi ed invalidanti di sinovite o nelle fasi più avanzate di danno osteoarticolare come estrema alternativa nei confronti di una patologia ormai avanzata. In questa malattia dall’evoluzione così incerta e difficilmente controllabile può rivelarsi utile l’impiego di metodiche a carattere fisiocinesiterapico riabilitativo. Alcune di queste vengono praticate per analogia a quanto già codificato in altre affezioni articolari, quali l’artrite reumatoide e la spondilite anchilosante, con le limitazioni imposte dall’eventuale patologia cutanea concomitante.
Altre invece, proposte ed attuate nelle forme ad impegno prevalentemente cutaneo (UVA, PUVA), giovano con un meccanismo riflesso anche all’artrite, se presente.
Una terza modalità è costituita da un trattamento simultaneo delle lesioni cutanee ed articolari (crenoterapia).
Ogni terapia con mezzi fisici va consigliata dallo specialista, seguita e controllata personalmente dal fisiatra ed effettuata da tecnici esperti nel trattamento di questa patologia.
I sintomi e le cause
I sintomi dell’artrite psoriasica sono rappresentati soprattutto dal dolore e dalla tumefazione delle articolazioni, specialmente quelle delle ginocchia o della caviglia. I pazienti tendono a soffrire di tendiniti, che ricorrono con una certa facilità; inoltre hanno il mal di schiena anche a riposo. Il quadro clinico è completato da lesioni cutanee che si possono riscontrare nei gomiti, nelle gambe, nelle unghie e nel cuoio capelluto.
La cura
Nonostante sia disponibile una cura per l’artrite psoriasica, che si può affrontare soprattutto con farmaci biologici, la malattia spesso procede in maniera inarrestabile e diventa causa di invalidità. In effetti la patologia spesso comporta una progressione e il mantenimento dei sintomi per tutta la vita. Questo non è valido per tutti, perché alcuni pazienti possono anche andare incontro ad una riduzione del dolore e ad un miglioramento della funzionalità delle articolazioni.
Il trattamento, comunque, viene supportato dalla fisioterapia, per migliorare la mobilità e ridurre i sintomi dolorosi.
Associare massoterapia, chinesiterapia dolce delle articolazioni, posture d’allungamento delle catene muscolari e fisioterapia in acqua sono le metodiche più opportune per il raggiungimento di ottimi risultati.
CINESITERAPIA E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE
La notevole variabilità delle manifestazi oniarticolari nell’artrite psoriasica ha indotto una distinzione in diverse forme cliniche (tab. 1) (Wrightet al., 1976). In generale il tipo di interessamento articolare può essere assimilato ad una poliartrite reumatoide o ad una spondilite anchilosante: i presidi ortesici, cinesiterapicie riabilitativi
Tabella I
— Artrite psoriasica classica con prevalente interessamento delle articolazioniinterfalangee distali
— Artrite mutilante
— Poliartrite simmetrica sieronegativa simil-reumatoide
— Monoartrite o oligoartrite asimmetrica
— Spondilite e sacroileite
Ivi non si discostano molto quindi da quelli adottati nei confronti di queste due affezioni, tranne l’ulteriore problema generato dalla patologia cutanea (Sany, 1982).
Sebbene la cinesiterapia trovi indicazioni molto limitate nelle fasi di acuzie, la prolungata immobilità antalgica delle articolazioni infiammate favorisce la successiva evoluzione in rigidità ed anchilosi o dislocazione dei capi articolari, assai frequenti e spiccate in questa patologia: è quindi opportuno alternare saltuariamente al riposo assoluto una cauta mobilizzazione attiva e passiva.
La cinesiterapia va praticata per brevi periodi più volte al giorno, per non affaticare le articolazioni infiammate. Il massaggio è complementare ma non può sostituire la cinesiterapia, per gli innumerevoli vantaggi che questa presenta, quali l’interruzione del circolo vizioso dolore-immobilizzazione-ridigità, il miglioramento del trofismo muscolare e della funzione articolare, con sviluppo di schemi motori favorevoli, e la profilassi di improprie posture ed anomali atteggiamenti articolari (Menarini et al., 1963).
Riguardo alla patologia in esame, è necessario ricordare che spesse placche ipercheratosiche, in alcuni casi, ed in relazione alla sede colpita, possono ostacolare il movimento, suscitando dolore (Sapuppo, 1978). In queste circostanze sarà quindi opportuno un idoneo trattamento preliminare delle lesioni cutane e distrettuali. Va sempre evitato qualsiasi traumatismo all’apparato tegumentario che possa generare nuove lesioni psoriasiche (fenomeno isomorfo di Koebner): le ortesi dovranno essere dunque confezionate con la massima accuratezza, facendo largo uso di materiali morbidi ed anallergici e di imbottiture, al fine di escludere qualsiasi azione irritativa meccanica.
Nelle forme pelvi-spondilitiche la cinesiterapia costituisce un momento fondamentale per prevenire l’anchilosi vertebrale in posizione svantaggiosa (cifoscoliosi), la diminuzione dell’escursione toracica e la rigidità in flessione delle anche (Cazalis, 1985).
Il trattamento si avvale essenzialmente della rieducazione in estensione del rachide, associata alla ginnastica respiratoria, e può essere proficuamente combinato a cure termali. Sono inoltre consigliabili norme di igiene posturale, come il riposo su un letto rigido senza cuscino anche nel corso della giornata e, per quanto possibile, il decubito ventrale con un sostegno sotto le spalle per ridurre l’ipercifosi dorsale. In tali casi si ricordi che non vi sono specifiche indicazion iall’impiego di trazioni vertebrali (Yates, 1972). Nelle forme rapidamente evolutive è opportuno l’uso di corsetti dinamici antigravitari per evitare l’instaurarsidi sfavorevoli posture (E.D.F, Jewitt, ecc.).
Le manifestazioni a carico della mano impongono l’adozione di misure ortesiche e riabilitative secondo modalità non meno accurate che nell’artrite reumatoide. Se infatti le deformità tipiche di tale affezione (dita a colpo divento, a collo di cigno, ecc.) sono considerate relativamente infrequenti nell’artrite psoriasica, le alterazioni che comporta più specificamente quest’ultima presentano problemi altrettanto complessi ed eterogenei, dalla purarigidità in flessione o in estensione delle articolazioni metacarpo-falangee ed interfalangee a gravi fenomeni osteolitici con le più varie deformità a carico delle dita. La caratteristica localizzazione alle articolazioni interfalangee distali si mantiene in genere scarsamente sintomatica e non provoca gravi menomazioni anche nel caso della frequente anchilosi in flessione; tuttavia le eventuali deviazioni si ripercuotono negativamente sull’allineamento delle dita alla prensione.
L’impegno della prima articolazione carpo-metacarpale e della trapezio-metacarpale risulta il più invalidante, in quanto genera rigidità ed ostacolo ai movimenti di opposizione del pollice, che di per sé partecipano ad oltre il 50% delle funzioni della mano (Belskyet al., 1982; Kapasi et al., 1982). Come nell’artrite reumatoide, la rieducazione funzionale della mano mira alla riduzione delle rigidità articolari, alla ripetuta attivazione della presa termino-terminale pollice-dita e ad esercizi volti ad evitare la retrazione del primo spazio interosseo. È opportuno associare alla cinesiterapia l’ergoterapia, utile sia sul piano fisico che psicologico, poiché permette, attraverso attività ricreative accette al paziente, di ottenere un più rapido recupero delle peculiari funzioni della mano (Sany, 1982; Cazalis, 1985). Tali pratiche sono controindicate nella tenosinovite per il rischio di incarceramenti e di rotture tendinee, che però sono piuttosto rari nell’artrite psoriasica (Belsky et al., 1982; Kapasi et al., 1982).
L’interessamento del piede, sovente di maggiore rilevanza clinica per le sue ripercussioni a carico della statica e della deambulazione, richiede l’impiego di idonee ortesi e calzature, unitamente alla prudente ma graduale mobilizzazione attiva fuori carico (Mégard, 1970). In questi casi le tecniche massoterapiche esercitano un notevole effetto antalgico (Sany, 1982).
La rieducazione funzionale riveste un ruolo fondamentale anche nelle eventuali fasi pre- e post operatorie, sia per interventi specifici quali tenosinoviectomie, decompressioni nervose, sinoviectomie, ricostruzioni tendinee, artrodesi ed artroprotesi (Lambert et al., 1979; Belsky et al., 1982), sia per altre indicazioni, mediche o chirurgiche, che comportino prolungati periodi di riposo letto. Un indispensabile contributo alla migliore riuscita del programma riabilitativo è ovviamente legato all’istruzione del paziente circa i caratteri dell’affezione, i fattori prognostici e le possibilità terapeutiche, unitamente all’apprendimento dell‘economia articolare’’, dell’uso appropriato delle ortesi e di accorgimenti tecnici volti a facilitare l’esecuzione di gesti quotidiani, come aprire un rubinetto o una serratura (Loebl et al., 1979; Sany, 1982).
RAGGI ULTRAVIOLETTI
I raggi ultravioletti, applicati con diverse metodiche, rientrano fra quelle modalità di trattamento della psoriasi cutanea, da cui la complicanza artropatica può trarre vantaggio.
È noto come, anche sotto forma di elio-talassoterapia, essi inducano remissioni marcate delle lesioni cutanee (Giardino, 1966); a tale azione si associa, in alcuni casi, un miglioramento variabile della sintomatologia articolare, al quale non è ovviamente estraneo il generico effetto antalgico ed equilibratore sul sistema nervoso, che favorisce la cenestesie lo stato di salute generale. Può inoltre rivelarsi utile l’associazione tra raggi ultravioletti ed infrarossi: i primi recano prevalente beneficio all’eruzione cutanea ed i secondi ad un’artropatia in fase di remissione (Wrightetal., 1976).
L’azione combinata dei raggi ultravioletti A (lunghezza d’onda = 320-400 nm) e dello psoralene, agente foto sensibilizzante assunto per via orale o applicato topicamente, è alla base della fotochemioterapia PUVA, metodica di indubbi a efficacia nel trattamento della psoriasi cutanea.
L’esposizione alla luce ultravioletta A di intensità elevata attiva lo psoralene, che si lega ai residui pirimidinici del DNA frenando la replicazione cellulare; poiché tuttavia la radiazione non oltrepassa lo strato dermico, si ritiene che lo psoralene non venga attivato nei tessuti più profondi, e probabilmente la fotochemioterapia non esercita alcun effetto antinfiammatorio diretto sulle articolazioni colpite dall’artrite psoriasica. L’analisi sistematica dei caratteri clinici e dell’evoluzione delle alterazioni cutanee ed articolari, in pazienti artritici sottoposti a fotochemioterapia, ha evidenziato come la risposta delle articolazioni al trattamento possa venire influenzata, entro certi limiti, dall’attività e dall’estensione delle manifestazioni cutanee (Perlman et al., 1979).
Sono stati distinti almeno due sottogruppi clinici, ognuno dei quali si diversifica nella risposta al controllo della patologia di base.
Nei pazienti non spondilitici, la riduzione delle lesioni cutanee al di sotto del 5% della superficie corporea totale è associata ad un miglioramento dell’artropatia: la fotochemioterapia può quindi essere presa in considerazione qualora falliscano altre misure terapeutiche e l’artrite non sia particolarmente florida. Il procedimento non differisce sostanzialmente da quello adottato nei riguardi della psoriasi cutanea: due ore prima dell’esposizione alla luce ultravioletta A vengono somministrati per via orale 0,6-0,7 mg/Kgdi 8-metossipsoralene e la durata dell’irradiazione viene stabilita per ogni singolo paziente in base al tipo delle alterazioni ed alla tolleranza soggettiva alla luce solare. Il trattamento richiede 2-3 sedute a settimana, fino ad una riduzione delle lesioni cutanee inferiore al 5%della superficie corporea, quindi si può proseguire con richiami ogni 1-4 settimane. Nei pazienti con spondilite latente o manifesta, il decorso delle lesioni cutanee ed articolari evolve in modo indipendente: la fotochemioterapia dimostra scarsa efficacia nel mantenere una remissione della psoriasi cutanea anche per periodi brevi. Il mancato riconoscimento di questi sottogruppi potrebbe fornire una spiegazione dei risultati contrastanti riportati dalla PUVA in altre casistiche di artrite psoriasica (Weismann etal., 1977; Morison et al., 1978; Wassermann et al., 1978; VIc&k, 1979).
Le dosi massive di radiazioni ultraviolette, potenziate dall’agente fotosensibilizzante, non sono scevre di effetti a lungo termine, anche gravi, quali l’azione cancerogena e senilizzante ed il fototraumatismo sul cristallino che può evolvere in cataratta, se l’occhio non è adeguatamente protetto. Tali considerazioni hanno indotto ad associare alla PUVA un agente di provata efficacia nella terapia medica della psoriasi, il retinoide aromatico RO 10.9359, nel tentativo di potenziare il trattamento, riducendone gli effetti collaterali (Thivolet et al., 1979 e 1981). Il protocollo terapeutico prevede l’assunzione per via orale del retinoide al dosaggio di 1 mg/Kg/die(suscettibile di riduzione col miglioramento della sintomatologia), frazionata in 3-4 somministrazioni nell’arco della giornata; tra il 7° ed il 20° giorno viene intrapresa la fotochemioterapia, con frequenza di 3 sedute a settimana. Ottenuta una remissione delle manifestazioni cutanee pari all’80-100%della superficie corporea totale, il retinoide viene sospeso, mentre la PUVA prosegue come terapia di mantenimento. Nei pazienti con artrite il trattamento viene effettuato per 2 mesi. Gli incoraggianti risultati dimostrano i vantaggi della terapia combinata rispetto alle due metodiche impiegate separatamente: il trattamento risulta efficace anche nelle forme refrattarie alla terapia PUVA isolata, in particolare nell’artropatia, mentre la remissione della psoriasi cutanea avviene più rapidamente e necessita di un’irradiazione ridotta. Tra gli effetti secondari, generalmente transitorie ben tollerati, viene segnalato soprattutto il rischio teratogeno del retinoide aromatico, che controindica tale trattamento in gravidanza ed in genere nella donna in età fertile. La limitazione del dosaggio di UVA riduce il rischio carcinogeno della fotochemioterapia; inoltre lo stesso retinoide sembra svolgere un’azione preventiva nei confronti delle neoplasie epiteliali.
Per quanto tali complesse metodiche di applicazione dei raggi ultravioletti meritino ulteriori indagini nell’ambito del trattamento dell’artrite psoriasica, nella nostra esperienza la semplice fototerapia ultravioletta selettiva (FUS) secondo Tronnier, con lunghezza d’onda tra 300 e 340 nm (Charpentier,1985), si è dimostrata di impiego più facile e pratico, esercitando un’azione terapeutica efficace sulla psoriasi cutanea e fornendo risultati nel complesso positivi anche nei confronti delle manifestazioni artritiche, soprattutto a livello delle estremità.
LASERTERAPIA
Sono stati ottenuti risultati interessanti dall’irradiazione mediante laser UV a lunghezza d’onda di 337,15 nm, associata a somministrazione di psoralene per os 0 topico (PUlaserterapia). L’efficacia di tale metodica è stata verificata con dati clinici e di laboratorio, termografia articolare, studio scintigrafico della permeabilità della membrana sinoviale e misurazione locale dei parametri biofisici della cute (impedenza e potenziale).
La PUlaserterapia ha prodotto effetti antinfiammatori ed analgesici, ha normalizzato la permeabilità della membrana sinoviale ed ha migliorato il microcircolo regionale, in assenza delle reazioni secondarie tipiche della terapia PUVA (Matuliset al., 1983). Abbiamo impiegato il laser UV su alcune articolazioni periferiche con cute integra ma in preda a flogosi, con risultati suggestivi, e intendiamo approfondire le nostre esperienze in materia.
TERMOTERAPIA
In linea di principio l’applicazione locale di calore, sotto forma di termoterapia esogena ed endogena, viene riservata alle forme in remissione; in quelle acutesi raccomanda di contro l’impiego dell’ipotermoterapia (Hein et al., 1986).
Secondo alcune esperienze, la paraffina o viceversa il ghiaccio, applicati alle piccole articolazioni, non aggravano la psoriasi cutanea; le frizioni iperemizzanti con l’impiego di unguenti medicamentosi vengono invece sconsigliate per l’eccessivo traumatismo che inducono sulla cute (Wright et al., 1976). Alle menzionate pratiche di talassoterapia può essere vantaggiosamente associata la psammoterapia (Monteleoneet al., 1966).
Sempre nelle fasi di remissione grande importanza viene attribuita alla balneoterapia ed alla lutoterapia, in quanto risultano in grado di lenire la sintomatologia algica, stimolare l’irrorazione sanguigna dei tessuti e rilasciare le contratture muscolari, diminuendola rigidità articolare (Formentin et al., 1950; Gouhot, 1965; Giardino, 1966; Braitsev et al., 1976: VIéek, 1979; Doroginaet al., 1985).
Queste forme di termoterapia esogena assumono particolare significato qualora alla remissione dell’obiettività clinica si associ una normalizzazione degli indici di laboratorio. Acque sodio-clorurate (es.: Mar Morto)o solforose trovano applicazione nella terapia simultanea della psoriasi cutanea e dell’artropatia; acque ipertermiche, radioattive ed a contenuto minerale più elevato vengono impiegate soprattutto nei confronti del reumatismo psoriasico, presupponendo un’attività ridotta delle lesioni cutanee. In nessun caso la balneoterapia è indicata in presenza di una psoriasi eritrodermica.
La relativa quiescenza delle manifestazioni cutanee consente l’attuazione della crenoterapia nella forma più estesa. Il bagno completo, eventualmente associato all’idromassaggio subacqueo o a getto, può essere prescritto nella maggior parte dei casi; il bagno locale delle estremità viene preferibilmente effettuato a temperatura variabile, a seconda dello stato delle articolazioni e dell’entità delle lesioni cutanee. Bagni di vapore termale, stufe ed idromassaggi sortiscono un effetto sedativo ed allo stesso tempo tonificante, soprattutto nelle artropatie torpide e scarsamente evolutive.
Accanto a risultati favorevoli, ottenuti più spesso nelle forme stabilizzate che associano spondiloartrite ed artriti periferiche, viene tuttavia annoverata una discreta percentuale di insuccessi, non di rado accompagnati da un peggioramento della componente dermatologica (Gouhot, 1965; Kabrowski, 1967; Schroderet al., 1970). Si tratta solitamente di forme in fase iniziale, a decorso ancora incerto, o di forme altamente evolutive, con velocità di eritrosedimentazione molto elevata. Talora viene segnalato un eccessivo effetto irritante dei bagni in acqua salata sulla cute, tale da costituirne una seria controindicazione; inoltre è possibile che l’azione specifica dello zolfo, favorevole in altre affezioni cutanee e reumatiche, si riveli nociva nell’artrite psoriasica, esacerbandone le manifestazioni tegumentarie. Comunque la crenoterapia merita un posto ben definito nel trattamento di questa patologia, in quanto può offrire una remissione della sintomatologia algica ed un recupero funzionale delle articolazioni in una percentuale ragionevole di pazienti. Particolare interesse rivela il suo oculato impiego a sostegno della terapia farmacologica (Kabrowski, 1967; Zbojanova et al., 1974; VIGek, 1979). Tra le diverse forme di termoterapia endogena, meritano di essere menzionate le onde corte (Dorogina et al., 1985; Hein et al., 1986).
ELETTROTERAPIA ANTALGICAE DI STIMOLAZIONE
L’elettroterapia antalgica trova utile impiego nelle forme dolorose che non abbiano un impegno cutaneo locale. Le correnti di stimolazione risultano efficaci negli esiti delle fasi acute, per accelerare i processi di recupero muscolare.
ULTRASUONOTERAPIA, MAGNETOTERAPIA
Per quanto riguarda altre metodiche proposte, l’impiego degli ultra suoni è ritenuto più efficace nelle forme croniche evolutive con erosione articolare e con processi degenerativi secondari (Heinet al., 1986); vengono inoltre riferiti buoni risultati con i campi elettromagnetici alternati a bassa frequenza (Braitsev et al., 1976). Sarebbe opportuno un maggior numero di studi specifici al fine di verificare la reale efficacia di tali provvedimenti terapeutici nelle diverse forme di artrite psoriasica.
CONCLUSIONI
Nel complesso trattamento dell’artrite psoriasica, la terapia fisica si rivela sotto diversi aspetti indubbiamente efficace, soprattutto in associazione con quella farmacologica. Costituisce tuttavia un errore impiegare nei riguardi di tale affezione i vari strumenti fisioterapici secondo facili empirismi che portino a prescrizioni indiscriminate, tralasciandolo stretto rapporto con una patologia cutanea che, se da talune metodiche trae giovamento parallelamente all’artrite, da altre può venire riesacerbata.
È comunque necessario un maggiore apporto di studi che utilizzino criteri rigorosamente scientifici nella valutazione dei risultati ottenuti da uno o più presidi fisioterapici, eventualmente associati ad uno specifico trattamento farmacologico. È intuitivo che la migliore riuscita del programma terapeutico non potrà che scaturire da una più stretta collaborazione interdisciplinare.
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Fonte: S. I. M. F. E. R. SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE
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