Principi di fisioterapia nell’apparato locomotore
Il controllo motorio può essere definito come la modalità del sistema nervoso di generare una risposta coordinata sulla base del confronto fra le varie afferenze e il modello corporeo dinamico interno in ordine all’esecuzione di un gesto. Il controllo segmentale neuromuscolare, l’orientamento spaziale dei segmenti e il controllo posturale costituiscono i tre livelli interdipendenti attraverso il quale si esprime il controllo motorio.
Quindi, sulla base di ciò potremmo affermare che la coordinazione neuromotoria ha come obiettivo stabilire la corretta esecuzione dei gesti motori, nonché il corretto assetto durante l’esecuzione di gesti dinamici sport-specifici.
Una lesione del LCA si traduce in una perdita di recettori, quali svolgono un’importante funzione di controllo sulla stabilità, sul movimento, sulla postura e sull’equilibrio. Una depressione del sistema propriocettivo, come solitamente succede dopo un intervento chirurgico o dopo un trauma, determina alterazioni senso-motorie di tipo quantitative e qualitative come una diminuzione del controllo e della percezione del movimento causando l’instaurazione di schemi motori alterati, compensi posturali, alterazione del controllo neuromuscolare, riduzione performance funzionali e apprensione anche durante i semplici gesti; persistenti a lungo termine fino a 9 anni dalla lesione.
Un alterata funzione muscolare, riduce la capacità del ginocchio di assorbire le forze dinamiche durante i movimenti sport-specifici; il suo deficit è oggi considerato il principale fattore di rischio per la rottura del LCA. Le risposte efferenti motorie conseguenti alle informazioni di natura sensitiva sono definite controllo muscolare. Il controllo muscolare feedforward prevede la programmazione dei movimenti sulla base delle informazioni sensitive derivanti da esperienze passate. Il processo di feedback svolge una continua regolazione motoria mediante vie riflesse. Il meccanismo di feedforward è responsabile dell’attività di preparazione del muscolo, mentre il processo di feedback si associa all’attività muscolare reattiva. Grazie alle caratteristiche di orientamento e di attivazione del muscolo scheletrico, possono essere eseguiti in modo coordinato innumerevoli movimenti con contrazioni concentriche, eccentriche e isometriche, mentre viene limitato il movimento articolare eccessivo permettendo di avere un continuo e stabile controllo dinamico.
Considerando queste alterazioni in relazione agli aspetti psicologici di una lesione della LCA (conseguenze personali della lesione del LCA), ci si può aspettare che alcune strategie di movimento, a causa dei deficit sopracitati, siano adattate per far fronte a compiti di alta intensità che caricano l’arto inferiore. Infatti, le strategie per scaricare il ginocchio infortunato vengono comunemente visualizzate spostando il carico sull’anca e sulla caviglia sulla gamba ferita e spostando il carico sulla gamba controlaterale non ferita.
Di conseguenza, vi sarà una preparazione insufficiente per un ritorno allo sport, in cui il ginocchio infortunato sarà inevitabilmente esposto a carichi elevati a causa di scenari rapidi e imprevedibili che avvengono durante la gara/allenamento; realizzate in azioni dinamiche di forza i cui tempi di attivazione e di intervallo non stereotipati, richiedo una capacità neurofisiologica di modulare il gioco di un perfetto bilanciamento tra biomeccanica articolare, attività muscolare e controllo muscolare; spiegando il rischio aumentato di ferire l’innesto .
Studiare il controllo neuromotorio attraverso la coordinazione articolare e simmetria neuromuscolare, dopo lesione LCA può essere di grande interesse per i medici, poiché in effetti, un’alterazione di essi ha dimostrato di essere un fattore predittivo di una seconda lesione del LCA.
È importante quindi andare ad analizzare, mediante test specifici dinamici, quali sono i pattern di movimento deficitari e le asimmetrie funzionali, focalizzando il lavoro su di essi in una successiva fase di recupero da LCA per ristabilire il corretto assetto delle ginocchia durante l’esecuzione di gesti sportivi-specifici come atterraggio da un salto, cambio di direzione, le quali tendono ad acquisire momenti di varus/valgis.
E’ importante, quindi, un approccio composito in grado di affrontare e contrastare i fattori di rischio legati alle alterazioni biomeccaniche 35 neuromotorie e muscolari dovute alla lesione del legamento e non corrette dalla ricostruzione.
Un fattore che può incidere sulla funzionalità del profilo biomeccanico dell’atleta e di conseguenze sul controllo neuromotorio e di funzione muscolare è sicuramente la fatica, che incombe dopo continui sforzi all’interno dell’attiva sportiva: il concetto di fatica è ampio e di non semplice comprensione in quanto interessa in maniera diversa ma trasversale vari sistemi. È grossolanamente diviso in fatica centrale e periferica andando a differenziare con questa terminologia i principali sistemi coinvolti. La fatica viene definita “centrale” quando è imputabile a meccanismi che originano a livello del sistema nervoso centrale ovvero da quelle strutture i cui compiti vanno dall’ideazione del movimento, alla conduzione dell’impulso nervoso fino al motoneurone spinale. È definita fatica “periferica” quando i fenomeni che la determinano si verificano, nella placca motrice o nella fibrocellula muscolare scheletrica. La fatica centrale è quindi espressione della diminuzione del “drive” neuronale ai muscoli.
Con il concetto di fatica periferica si intende invece il vero e proprio affaticamento dell’unità contrattile dato ad esempio dalla deplezione delle sostanze energetiche (ATP, glicogeno) o dall’accumulo di cataboliti che vanno ad inficiare i normali meccanismi di contrazione come ad esempio l’acido lattico.
A livello di arti inferiori e gestione della postura vari studi hanno dimostrato gli effetti avversi della fatica sulla gestione di richieste come l’atterraggio dopo un salto in basso o dopo un salto in alto in monopodalica andando ad esempio a rilevare come vi sia un’alterazione biomeccanica dopo l’affaticamento, ipotizzando come questo deficit 36 possa essere un meccanismo di protezione per l’incapacità di gestire la stabilizzazione dinamica della rotazione esterna di tibia che si viene a generare al momento dell’atterraggio.
Uno studio di Mclean e Samorezov del 2009 ha rilevato come la fatica centrale giochi un ruolo importante nelle strategie di gestione della dinamica di movimento. Invece uno studio di Webster ed all del 2012 non ha rilevato differenze significative nella cinematica di atterraggio in monopodalica post affaticamento tra chi ha subito l’intervento di ricostruzione di LCA e il gruppo di controllo.
La fatica inoltre sembra essere direttamente correlata alla perdita della componente propriocettiva derivante dai fusi neuromuscolari e andrebbe dunque considerata con particolare attenzione nel momento in cui anche le afferenze sensoriali provenienti dai recettori legamentosi vengono meno a seguito della rottura dello stesso.
L’IMPORTANZA DELLA STABILITÀ DELLA VOLTA PLANTARE (nozioni di Terapia Manuale secondo il concetto OMT “Kaltenborn-Evjenth”)
Le funzioni del piede sono numerose e complesse, essendo il segmento corporeo che ci permette l’appoggio al suolo, esso deve adattarsi a situazioni diverse, a volte scomode, allo scopo di mantenere la postura corretta, l’ equilibrio e l’ottimale stazione eretta del corpo e della coordinazione. Per tutti questi motivi, grazie alla sua fantastica architettura biomeccanica (in uno spazio estremamente piccolo si concentrano 26 ossa, 33 articolazioni, 20 muscoli), esso possiede la capacità di contrarsi e rilassarsi durante la corsa e allo stesso tempo adattarsi alla scarpa, alle asperità del terreno, garantendo una indispensabile funzione posturale, di equilibrio dinamico e funzione ammortizzatrice.
Queste funzioni sono importantissime, poichè la corretta posizione e azione del piede, sia statica che dinamica, è fondamentale per la salute dell’intero organismo; e se viene meno, può portare a sovraccarichi funzionali, alterazioni posturali che si andranno a ripercuotere in senso ascendente coinvolgendo in primis l’articolazione del ginocchio.
Dall’attenta valutazione fatta precedentemente, abbiamo sostenuto l’importanza di una corretta posizione del ginocchio durante i frequenti movimenti che si susseguono nella pratica calcistica, infatti, un fattore di rischio di lesione è sicuramente dato dalla caduta in valgismo durante cambi di direzione, atterraggio. Questo può essere conseguenza di diversi fattori come alterato controllo neuromuscolare, lassità legamentosa, alterato schema motorio.
Un’interessante visione sulle cause della caduta in valgismo del ginocchio, ci è data dal concetto OMT “Kaltenborn-Evjenth”: un concetto di terapia manuale che esamina e tratta tutte le disfunzioni dell’apparato locomotore con l’obbiettivo di ripristinare la massima funzione del sistema articolare neuromuscolare tramite un attento ragionamento clinico. Secondo il concetto, il ginocchio è un’articolazione che permette due funzioni fondamentali: -mobilità sul piano sagittale con i movimenti di flesso-estensione -stabilità sul piano frontale.
Alla base dell’instabilità sul piano frontale avremo, quindi, una disfunzione rappresentata da una ipermobilità dell’articolazione che porterà a movimenti o atteggiamenti in valgo o varo.
Ovviamente, un maggior movimento sul piano frontale porterà ad una maggiore sollecitazione e allungamento del legamento crociato anteriore, il quale andrà a soffrire in una percentuale più alta nei calciatori a causa delle sollecitazioni conseguenti ai movimenti di rotazione sul piano frontale, richiesti dall’attività sportiva.
A discrezione di “Kaltenborn” ogni disfunzione causata da un’ipermobilità verrà sempre trattata con la stabilizzazione. Ma, quale sistema permette al meglio di stabilizzare il ginocchio ? Il sistema muscolare ?
No, la risposta che il metodo offre è proprio il sistema plantare, tramite la stabilizzazione della volta del piede, poiché l’instabilità plantare è la causa patomeccanica del valgismo e della conseguente sofferenza del crociato.
Non viene annoverato il sistema muscolare poiché la teoria sostenuta dal concetto è che i muscoli dell’arto inferiore, con l’azione delle proprie fibre muscolari, presentano vettori di forza che agiscono in senso verticale, e di conseguenze non potranno andare a contrastare il vettore orizzontale derivante dai movimenti in valgo/varo del ginocchio.
E’ meccanicamente impossibile. “In Italia, abbiamo la torre di Pisa che è inclinata a causa del cedimento delle fondamenta; anche essendo rettilinea, nel 2000 circa hanno dovuto stabilizzare la torre per rischio di cedimento, i lavori sono stati di iniezione di cemento nelle fondamenta. Allo stesso modo, possiamo paragonare la tibia alla torre, in cui la causa dell’instabilità sarà da cercare nelle fondamenta, cioè a livello plantare” (Schomacher , corso Taranto 2018).
Quindi, secondo la terapia manuale, questa condizione sarà causata da un’instabilità del piede, più specificamente della volta plantare. Il nostro sistema nervoso, in virtù di diversi fattori, reagisce a questa poca stabilità secondo due modalità:
Spostando il peso nella parte laterale del piede (è il caso di tutti colore che consumano la parte laterale della suola delle scarpe).
Spostando il peso nella parte mediale del piede. In molti casi la volta plantare cede completamente, e questa condizione si chiama “piede piatto”.
Nel primo caso l’appoggio laterale del piede si ripercuote a livello del ginocchio provocando un maggiore carico sul condilo mediale del femore e sulla parte mediale del piatto tibiale, e a lungo andare potrebbe generarsi un ginocchio varo (dove l’angolo esterno fra femore e tibia super i 170°).Nel secondo caso, si ha il fenomeno opposto, ossia un carico eccessivo nei compartimenti laterali dell’articolazione del ginocchio che genera il “ginocchio valgo”.
Se osserviamo i nostri piedi notiamo che le loro ossa, dal Calcagno (tallone) al primo metatarso, formano una “volta”, un vero e proprio arco allo scopo di scaricare adeguatamente il peso del corpo a terra.
L’arco mediale del piede, che ha funzione di ammortizzatore, lo possiamo accostare alla struttura di un antico ponte romano: in cui, la chiave di volta che permette la stabilità di tutta la struttura è l’ultima pietra; nel nostro caso quest’ultima pietra corrisponde al navicolare. Per capire il patomeccanismo dell’arco mediale del piede, ci rifacciamo di nuovo al ponte romanico: il crollo di un tale ponte inizia con un allentamento della volta soprattutto nelle giunture della chiave di volta che scivola verso l’alto. Dopo l’allentamento e lo scivolamento, cadono le pietre 2 e 4 e successivamente le pietre 1 e 5 verso l’esterno. Le 5 pietre, rispettivamente ossa dell’arco mediale del piede seguono lo stesso meccanismo durante il crollo della volta.
Per la stabilizzazione dell’arco romanico bisogna: – tirare la chiave di volta in giù -sorreggere le pietre 2 e 4 ed unire le pietre 1 e 5. La stabilizzazione clinica del piede avverrà quindi con un dispositivo che dovrà permettere la riuscita di questi punti, cioè un plantare stabilizzante, il quale deve permettere sostegno e sollievo immediato.
Secondo il concetto appena spiegato, il plantare dovrà avere l’arco di sostegno non sotto al navicolare (pietra 3, chiave di volta) perché lo spinge in su, spiegando così anche il dolore iniziale che porta l’utilizzo del plantare. Bensì il sostegno dovrò essere dato sotto il “sustentaculum tali” del calcagno per sostenere la testa dell’astragalo sui cui preme la maggior parte del carico; permettendo una stabilità maggiore dell’arco e non permettendo lo scivolamento in alto della chiave di volta.
Figura 15: Stabilizzazione dell’arco mediale plantare
MATERIALI E METODI
SCOPO DELLA RICERCA
L’obiettivo di questa ricerca è suppore la possibilità che vi sia lapresenza, in un gruppo di atleti con pregressa lesione del LCA, dideficit a livello dei sistemi analizzati in precedenza. Per poterlo supporre, ho eseguito una valutazione clinica tramite l’utilizzo di una video-analisi del movimento, test specifici sulla funzione muscolare, rivalutazione in rapporto alla fatica e test di analisi della stabilità plantare. Al fine di constatare realmente la presenza di un’insufficienza a livello del sistema neuromotorio, di funzione muscolare e di stabilità della volta plantare per poter affermare la possibile correlazione che vi è tra un deficit di questi sistemi e l’instabilità del ginocchio. La quale, negli atleti analizzati sottoposti a frequente carichi di lavoro tra allenamenti e gara, porterà certamente ad un rischio maggiore di un possibile re-injury del LCA.
Inoltre, lo scopo generale è permettere una facile valutazione delle componenti studiate, con strumenti agevoli e accessibili a tutti i professionisti nel settore per poter permettere di eseguire un programma di prevenzione mirato e multisistemico e diminuire le percentuali di rilesione con un ritorno allo sport più sicuro.
I deficit specifici dei due sistemi, i quali andranno a rappresentare un’instabilità del ginocchio saranno:
-Alterazioni degli schemi motori e atteggiamenti posturali, in specifico del ginocchio, con maggiori momenti di varismo, valgismo o alterata flessione compensatoria della articolazioni attigue, in specifici gesti atletici calcistici come cambi di direzione, atterraggio bipodalico e monopodalico. Successivamente valutati in relazione alla fatica.
– Deficit funzionali agli arti inferiori con determinazione delle asimmetrie funzionali dell’arto inferiore sia nella valutazione della capacità di forza che in relazione alla capacità di controllo monopodalico. Successivamente valutati in relazione alla fatica.
– Abbassamento della volta plantare con conseguente alterazione della stabilità plantare, la quale influenzerà in modo ascendente l’articolazione del ginocchio sulla stabilità sia statica che dinamica.
I risultati verranno valutati attraverso un’attenta analisi al fine di constatare realmente l’esistenza di tali deficit e con il feedback dell’atleta su come percepisce la propria funzionalità, la consapevolezza sulla sicurezza delle performance e sul rischio di avere un nuovo infortunio, tramite la compilazione della Tampa Scale of Kinesiophobia (TSK).
CAMPIONE
Per questo studio sono stati reclutati soggetti di sesso maschile che pratichino sport a livello amatoriale, almeno tre volte a settimana. Gli sportivi esaminati sono calciatori ed ex-calciatori dilettantistici con un fascia d’età tra i 22-40 anni, tutti sottoposti ad un intervento di ricostruzione del LCA. Non si è tenuto conto del tipo di intervento utilizzato per riparare la lesione in quanto, a prescindere dal tipo di intervento scelto, l’abilitazione allo sport viene data a tutti i soggetti operati e dunque il livello di controllo neuromotorio, neuromuscolare e stabilità dovrebbero essere ottimali. Inoltre il limitato campione non avrebbe consentito di indagare eventuali correlazioni tra i risultati rilevati e la tipologia di intervento.
– Età compresa tra i 20 e 40 anni
– Pratica sportiva calcistica amatoriale
– Ricostruzione LCA di un ginocchio
– Ritorno all’attività sportiva incondizionata
Tabella 1- Criteri di inclusione
STRUMENTI DI VALUTAZIONE CLINICA
1. Analisi-Video dei gesti sportivi con software Dartfish
In ambito clinico, i fisioterapisti devono avere un’attenta osservazione di un movimento sia statico che dinamico; non è necessario analizzare il movimento con 3 telecamere ( su 3 angoli diversi) ma basterebbe un semplice video che è in grado di cogliere dettagli che a occhio nudo non si potrebbero vedere. Tramite un video del paziente, il fisioterapista ha la possibilità di adattare la velocità della ripresa al fine di riuscire a cogliere i pattern di movimenti errati ed analizzarli nel dettaglio. Così la video analisi diventa un elemento positivo in quanto da al fisioterapista delle risorse aggiuntive e puntuali che permettono di
includere, in aggiunta, una buona presa di coscienza del problema al paziente, un feedback immediato sui progressi per poter arricchire cosi il programma riabilitativo nel contesto della prevenzione.
Nella mie esperienza valutativa sul campo , i filmati sono stati eseguiti in diversi luoghi, in base alla disponibilità dei soggetti valutati. Ho fatto uso di due telecamere REFLEX FULL HD posizionate di fronte e lateralmente al ginocchio operato, su un piedistallo di altezza 1 metro, posti a 3 metri di distanza dal paziente per permettere un’analisi sul piano frontale e sagittale di due specifici gesti atletici:
– CAMBIO DI DIREZIONE DI 90° e 180°: cambi repentini che necessitano di una frenata e di una ripartenza con un angolo determinato dalle condizioni di gioco. Considerati un’attività particolarmente rischiosa (Schot et al.,1995). –
– ATTERRAGGIO MONOPODALICO E BIPODALICO DA UN SALTO VERTICALE: gesto atletico frequente in diversi tipi di sport, in cui la fase più a rischio è quella di atterraggio, la quale causa un numero cospicui di infortuni articolari.
Prima di effettuare le riprese video, ai partecipanti sono stati spiegati brevemente applicazioni dei gesti e utilizzo del programma Dartfish, così come l’obiettivo dello studio. A tutti i volontari è stata consegnata la liberatoria (Allegato 3) per poter effettuare le riprese dei filmati.
Al termine di ogni giornata dedicata alla registrazione degli atleti, i video sono stati riportati sulla piattaforma DARTFISH, un software di video-analisi che permette l’osservazione biomeccanica, il confronto e la misurazione quantitativa di tempo, angolazione e posizione. In seguito sono stati analizzati, tramite la modalità “Analyzer”, utilizzando l’applicazione per la rilevazione dli angoli e delle posizioni dei distretti articolari.
I video sono stati rallentati ad una velocità di 0.25x, per assicurare che il movimento del soggetto venisse bloccato (o messo su “pause”) esattamente nella fase di spinta per il cambio di direzione e durante la flessione degli arti nella fase d’atterraggio.
Con il video impostato su uno specifico fermo-immagine abbiamo valutato la qualità del movimento, andando a rilevare la presenza dei possibili movimenti patologici e schemi posturali alterati come:
– movimento in valgo dinamico con intrarotazione anca e abduzione della tibia
– movimento in varo dinamico e adduzione della tibia
– “trunk tilt”: inclinazione tronco sul piano frontale
– “drop pelvico” caduta del bacino valutata sul piano frontale
– “stiff landing”: diminuita flessione del ginocchio valutata sul piano sagittale
– “dominanza quadricipitale” anteposizione del ginocchio alla punta del piede, causa eccessiva flessione di ginocchio valutato sul piano sagittale.
2. Test di controllo neuromuscolare: Hop Test
Molti autori hanno sottolineato che esistono situazioni in cui possono essere preferibili misure basate sulle prestazioni, quindi su una valutazione quantitativa del movimento, e hanno suggerito che tali misure siano incluse anche nella ricerca e nella pratica clinica. A causa della maggiore enfasi sull’incorporazione di esercizi funzionali e specifici per lo sport negli attuali protocolli di riabilitazione postoperatoria LCA e l’obiettivo di far tornare i pazienti ad attività dinamiche e potenzialmente dannose, l’inclusione di misure di esito basate sulle prestazioni può essere particolarmente importante nella valutazione di questi pazienti.
L’Hop Test è stato spesso proposto come una misura di esito pratica e basata sulle prestazioni che riflette l’effetto integrato del controllo muscolare, la forza (capacità di generare forza) e la fiducia nell’arto e richiede un equipaggiamento e un tempo minimi per la somministrazione. Sulla base di una revisione del potenziale utilizzo dell’Hop Test come misure di stabilità dinamica del ginocchio, (Fitzgerald et al) ha suggerito che la speranza potrebbe essere appropriata per l’uso come strumento predittivo per identificare i pazienti che potrebbero avere problemi futuri come risultato di lesioni al ginocchio.
Una combinazione di 3 diversi Hop Test incorporano una varietà di principi di movimento (cioè cambio di direzione, velocità, accelerazione-decelerazione, rimbalzo) che imitano le esigenze di stabilità dinamica del ginocchio durante le attività sportive.
Il Limb Symmetry Index (LSI) è il criterio clinico più utilizzato per valutare la simmetria della forza muscolare e della performance nei test di salto l’arto operato e l’arto sano. Esso è calcolato come prestazione del test hop dell’arto coinvolto / prestazione del test hop dell’arto non coinvolto × 100%.
Un LSI <90% (una differenza maggiore del 10%) dopo la ricostruzione del LCA è considerato insoddisfacente per un buon ripristino del controllo neuromuscolare.
Lo studio svolto da Myers et al. recentemente ha raccomandato ai professionisti di fare affidamento esclusivamente sull’LSI per la valutazione delle prestazioni del Hop Test.

KHOP TEST BATTERY:
1. Single leg hop test (LSH)
Stare su un arto e saltare il più avanti possibile, atterrando sullo stesso arto. Mantenere l’atterraggio per minimo 2 secondi durante la registrazione della misura della punta.
2. Triple leg hop test (TLH)
Eseguire 3 salti successivi il più lontano possibile e atterrare sullo stesso arto. Mantenere l’atterraggio finale per un minimo di 2 secondi mentre viene registrata la misurazione della punta.
3. Crossover triple hop test (CTH)
Esegui 3 salti consecutivi per quanto possibile attraversando una striscia larga 15 cm che segna su ciascun salto e continua l’atterraggio dopo il 3 ° salto per 2 secondi. Il primo dei 3 salti è laterale rispetto alla direzione del crossover.
Gli atleti hanno eseguito i test nell’ordine in cui appaiono, preceduta da un’attenta spiegazione delle modalità di svolgimento e da un test di prova esplicativo per ciascun arto.
Per il test sono state prese in considerazione le misure di 2 prove ed è stato registrato per ogni test la media delle due misurazioni sia per l’arto sano che per l’arto operato.
Non sono previste restrizioni al movimento delle braccia, si inizia con l’arto non operato e la partenza avviene con la punta del piede dietro la linea contrassegnata. Le misurazioni sono state effettuate al decimo dI centimetro più vicino alla punta del piede. Un salto fallito consiste nella perdita di equilibrio, nel toccare il pavimento con le braccia o con la gamba opposta, nel caso avvenisse ciò il test verrà riprovato.
Per calcolare i valori di “Indice di simmetria degli arti”, calcolare la media delle prove registrate su ciascun arto; dividere media arto operato per la media dell’arto non operato e moltiplicare per 100 (percentuale). Valori di “Indice di simmetria degli arti”(LSI) vengono calcolati per ciascuno dei 3 Hop Test.
3. Rivalutazione in rapporto con la fatica
Si è cercato in letteratura un protocollo di affaticamento ma non ne sono stati trovati di universalmente riconosciuti né di attuabili nella struttura in cui sono stati svolti gli altri test. E dunque, visto lo scopo della tesi, siamo andati a ricercare differenze nel livello di controllo neuromotorio e neuromuscolare prima e dopo la comparsa di fatica nel campione testato. Dopo aver svolto le prove sopracitate è stato chiesto di eseguire per tre minuti la salita e la discesa da una pedana di altezza regolabile in base alla statura del soggetto in modo da far compiere all’anca una flessione di circa 90°. Ogni 30” l’operatore invitava il soggetto a cambiare l’arto di salita in modo da avere un interessamento il più̀ uniforme possibile di entrambi gli arti e incitava il soggetto ad andare alla massima velocità possibile. Si è scelto di eseguire questa forma di affaticamento per gli arti inferiori per i seguenti motivi: praticità̀ di esecuzione nello studio di fisioterapia, brevità̀ di esecuzione e soprattutto perché́ già̀ noto a tutti i partecipanti in quanto è ciò̀ che viene richiesto durante la visita medica per la pratica sportiva. Passati i 3 minuti, abbiamo fatto eseguire dapprima la batteria degli Hop Test e successivamente i test per il controllo neuromotorio tramite video analisi
4. Valutazione della stabilità volta plantare secondo il concetto “OMT Kaltenborn-Evjenth”
Nel corso della valutazione clinica iniziale abbiamo fatto eseguire agli atleti un test per valutare la stabilità della volta plantare. Il test consiste nel richiedere al paziente di mantenere la posizione eretta in appoggio monopodalico a piede scalzo (su un piede solo, quello da esaminare). Durante il test, ci poniamo alle spalle dell’atleta per andare a valutare se, durante il mantenimento della postura, l’arco plantare tende a cedere in direzione mediale o latero-plantare, in allegato fotografiamo il comportamento della pianta durante la prova.
In successione, proponiamo il test dell’equilibrio rispettivamente della stabilità monopodalica: all’atleta chiediamo di effettuare dei piegamenti in modo dinamico, flettendo ed estendendo il ginocchio dell’arto in esame. Valutiamo la stabilità dell’atleta durante la prova, la caduta della volta e le possibili deviazioni della pianta del piede.
Gli facciamo ripetere il test con il tentativo di aumentare la stabilità con un sostegno passivo (un semplice fazzoletto piegato) sotto il sustentaculum tali del calcagno. Osserviamo se migliora in positivo l’equilibrio.
Un’ulteriore valutazione, di tipo manuale, riguardo l’instabilità della volta plantare è data dall’analisi della motilità del navicolare (chiave di volta dell’arco romano) rispetto all’astragalo. Una ipermobilità, e quindi una sensazione abnorme di movimento nella mobilizzazione della chiave di volta porterà al crollo del ponte e alla conseguente instabilità della volta. Nella valutazione manuale, chiediamo al paziente di porsi seduto sul lettino con l’arto esteso e il piede fuori dal lettino; noi, posti lateralmente andremo a bloccare il calcagno e l’astragalo e con la mano opposta adopereremo un movimento del navicolare in su e giù valutandone la mobilità.
FONTE: TESI DI LAUREA IN “PRINCIPI E METODI DELLA FISIOTERAPIA DELL’APPARATO LOCOMOTORE – Ricerca e Valutazione clinica sulle modalità di prevenzione dei re-infortuni nelle lesioni del LCA da non contatto nei calciatori” di MARCO TASSIELLI
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Dispense “ Corso Terapia Manuale secondo il concetto OMT Kaltenborn-Evjenth Livello 1” Jochen Schomacher.
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Principi di fisioterapia nell’apparato locomotore
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