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G.O.T L’APPROCCIO OSTEOPATICO GLOBALE ALLE DISFUNZIONI DEL PAVIMENTO PELVICO E TUTTI QUEI SISTEMI COINVOLTI - D.O. Giuseppe Totaro

IL PAVIMENTO PELVICO: COS’E’ E A COSA SERVE

Le disfunzioni del pavimento pelvico

Il complesso del pavimento pelvico consiste in tre strati che, dall’alto verso il basso, sono:
la fascia viscerale pelvica;
il diaframma pelvico propriamente detto, composto dai muscoli elevatore dell’ano e coccigeo con le sue porzioni pubococcigeo, iliococcigeo e ischiococcigeo;
il diaframma uro-genitale, costituito dai muscoli traverso profondo e traverso superficiale del perineo.
Comprende, altresì, i muscoli sfinterici del retto e del tratto uro-genitale che sono: bulbo-spongiosi, ischio-cavernosi, sfinterici esterni dell’ano. Ogni parte del diaframma pelvico è ricoperta da una fascia.
Il diaframma pelvico è un setto muscolo-tendineo che divide il bacino in due compartimenti: piccolo bacino sopra, fossa ileo-rettale sotto. Rappresenta il pavimento della cavità addominale. Le sue inserzioni sono sull’ischio, sull’arcata tendineo-muscolare della cavità pelvica, sulla spina pubica, fino alla sinfisi pubica. Sulla parte mediana si inserisce anteriormente agli ultimi due tratti sacrali e sui tre segmenti coccigei fino al perineo. L’azione di questo diaframma è importante nel momento di alcune spinte quali la tosse e il parto ed ha un ruolo importante nel ritmo cranio-sacrale.

Osteopatia e gastrite

Osteopatia e gastrite

Il pavimento pelvico svolge tre importanti funzioni: di supporto, sfinterica e sessuale. Assieme ad ossa pelviche, muscoli e tessuto connettivo fornisce il sostegno antigravitario agli organi pelvici e contrasta qualsiasi aumento di pressione addominale; fornisce sostegno e tono alle pareti vaginali. La funzione sfinterica aiuta nel controllo delle aperture perineali: i muscoli del pavimento pelvico prevengono l’incontinenza aumentando la pressione intrauretrale e stabilizzando la fascia endopelvica durante la contrazione sfinterica; analogamente i muscoli si rilassano per la defecazione e si contraggono per controllare il gas intestinale. La funzione sessuale consiste nella contrazione dei muscoli perivaginali durante il coito, per agevolare l’attività sessuale.

Le disfunzioni del pavimento pelvico

La disfunzione dei muscoli del pavimento pelvico può essere concausa di molte condizioni tra cui: incontinenza urinaria da stress, incontinenza fecale, disfunzione sessuale, rilassamento pelvico, sindrome dell’elevatore dell’ano, tutti problemi di cui si parla poco e mal volentieri perché ritenuti imbarazzanti. È comune infatti che i disturbi vengano negati perché molte pazienti credono sia una conseguenza inevitabile del parto e dell’età.

Dato che i sintomi possono limitare la funzionalità quotidiana della donna e le disfunzioni del pavimento pelvico sono spesso evitabili, si dovrebbe insistere sulle prevenzione attraverso l’educazione e l’esercizio prima che i problemi insorgano. Inoltre le disfunzioni uroginecologiche hanno cause multifattoriali e richiedono pertanto una attenta valutazione del medico ginecologo. Se non c’è necessità chirurgica e la valutazione medica indica una disfunzione muscolare, l’osteopata può lavorare sull’interrelazione tra struttura e funzione del bacino. Egli si occupa infatti delle componenti di disfunzione somatica e muscolo-scheletrica che influiscono sul dolore pelvico e sui disturbi della pelvi. Tutti i programmi di trattamento dovrebbero incorporare esercizi mirati a migliorare la funzione neuromuscolare del complesso muscolare del pavimento pelvico.

Incontinenza

Il pavimento pelvico femminile è soggetto ad una serie di eventi fisiologici che possono causare alterazioni delle strutture muscolo-fasciali-ligamentose tali da alterare la posizione e soprattutto la funzione di questi organi. Una riduzione del sostegno può avvenire per debolezza congenita o evolutiva delle strutture di sostegno o per un loro danneggiamento durante il parto;

Le disfunzioni del pavimento pelvico

il tessuto cicatriziale può limitare la contrattilità muscolare. Le pazienti nel post-partum hanno spesso paura, a causa del dolore, di riattivare il perineo e non svolgono gli esercizi di Kegel insegnati durante la preparazione al parto. Le strutture di sostegno sono influenzate anche dalla menopausa e dall’invecchiamento. Tosse cronica, stitichezza cronica e sforzo durante la defecazione possono causare incontinenza anorettale con stiramento del perineo e denervazione sfinterica.
Il pavimento pelvico maschile è per lo più soggetto a modificazioni causate da interventi chirurgici pelvici o da cattive abitudini alimentari o posturali. I disturbi del pavimento pelvico comprendono, oltre alla presenza di prolassi, l’incontinenza urinaria, la ritenzione urinaria, l’incontinenza fecale e la stipsi.

Mialgia tensiva

La mialgia tensiva del pavimento pelvico costituisce un insieme di diagnosi di diverse sindromi della muscolatura pelvica. Si tratta di una disfunzione da ipertonia del sistema muscolo-scheletrico e uroginecologico meglio nota come sindrome del muscolo elevatore dell’ano. Il primo sintomo è un dolore difficilmente localizzabile, nelle zone perivaginali o perirettali, nei quadranti addominali inferiori, nel bacino, nella regione soprapubica o del coccige o lungo la parte posteriore delle cosce.

È coinvolta una alterazione posturale che causa un pattern scorretto e inefficace dei muscoli di sostegno, così come una disfunzione somatica del bacino non trattata che provoca ipertonia come risultato della limitazione della motilità delle articolazioni pelviche e delle relative strutture. Le sindromi mialgiche creano dolore, ipersensibilità e fenomeni autonomi da trigger point nei muscoli coccigeo, elevatore dell’ano, otturatore interno, grande adduttore, piriforme o addominale obliquo.

Il Pavimento Pelvico nell’Insieme del Sistema Fasciale

Si può ricondurre il sistema fasciale all’organizzazione di tre dispositivi: uno superficiale che comprende il piano superficiale e le aponeurosi muscolari superficiale, media e profonda ed è il sistema delle catene muscolari; uno profondo che corrisponde a tutte le aponeurosi viscerali nate dalle aponeurosi media e profonda; un dispositivo duramerico. Dato il principio olistico del nostro organismo, ogni aponeurosi è in continuità con i tre piani ed è pertanto difficile differenziare localizzazione e funzione di ognuna di esse. Ognuno dei tre dispositivi ha un suo diaframma, rispettivamente toracico, pelvico e craniale. Questi tre diaframmi sono messi in interrelazione funzionale dal dispositivo fasciale profondo che abbiamo visto essere l’insieme di tutte le aponeurosi medie e profonde in rapporto con i visceri e che, estendendosi dall’occipite fino alla fascia perineale, permette la motilità viscerale in relazione all’attività ritmica del sistema cranio-sacrale.

Anche il dispositivo fasciale superficiale, quello delle catene meccaniche, ha ripercussione sullo stato del pavimento pelvico e ciò avviene per mezzo del diaframma toracico. Esso è il principale muscolo della respirazione. Si appoggia sui visceri e, durante l’inspirazione, la sua contrazione e la sua discesa tenderebbero a portare la massa viscerale in basso e avanti verso la parete sotto-ombelicale. Per questo la natura ha avvolto gli organi addominali in un unico sacco peritoneale che concentra le pressioni interne; inoltre il muscolo traverso dell’addome è in grado di rispondere con una sua contrazione per consolidare la parete addominale. La forma delle ali iliache inoltre devia le forze in avanti verso la zona sovrapubica rinforzata dal piramidale dell’addome. La colonna lombare con la cerniera lombo-sacrale aumentano la lordosi bassa per favorire la deviazione delle forze diaframmatiche al di fuori del piccolo bacino e aumentare l’apertura dello stesso affinché questa iperpressione addominale non interferisca con il ruolo di continenza degli sfinteri anale e vescicale e, nella donna, per lasciare spazio all’utero nei periodi di congestione. È per questo che la natura ha anche posto gli organi del piccolo bacino in sede extraperitoneale.

Le disfunzioni del pavimento pelvico

Le disfunzioni del pavimento pelvico

Le disfunzioni del pavimento pelvico

Strutturalmente, l’organismo umano presenta delle curve. Le tre cifosi (occipite, dorso, sacro) hanno un ruolo di protezione e sono pertanto zone a ridotta mobilità e in quanto tali necessitano di pompe vascolari che garantiscano una buona circolazione arteriosa e venosa: i tre diaframmi esplicano tale funzione. È importante perciò la loro corretta mobilità anche perché su ciascuno di essi si allaccia ogni catena muscolare. Le tre lordosi (cervicale, lombare, poplitea) sono di adattamento. Ogni problema algico modifica la statica reclutando dei muscoli per creare un compenso antalgico e confortevole ma con un costo in termini di economia. Le catene muscolari sono circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo e si tessono gli schemi di compenso. Nei compensi le catene sono iperprogrammate o ipoprogrammate influenzando anche la componente viscerale; allo stesso modo può essere lo stato dei visceri ad influenzare i compensi meccanici.

Così la congestione di un viscere, che si traduce in uno stato di pienezza, crea uno spiegamento viscerale; ciò chiama in causa il sistema di raddrizzamento e apertura, ossia tutte le catene posteriori che creano una lordosi generale con aumento delle varie cavità (toracica, addominale, pelvica) togliendo il carico agli appoggi anteriori; ci sarà di conseguenza un aumento delle tensioni vertebrali. Al contrario, uno spasmo o una situazione di vuoto di un viscere per ptosi o abbassamento della pressione intraddominale creano un avvolgimento attorno al viscere stesso; si attivano le catene anteriori di avvolgimento e chiusura creando una cifosi generale che diminuisce le cavità e aumenta gli appoggi anteriori e le tensioni anteriori verso l’organo bersaglio. Più nello specifico, proiettiamo lo stesso discorso verso la cavità pelvica per capire come si comporta la struttura muscolo-scheletrica in presenza di spiegamento o avvolgimento dovuti a disfunzioni del pavimento pelvico.

In caso di congestione ciclica o permanente del piccolo bacino, il piano pelvico adotta uno schema di decompressione per permettere alle pressioni interne di equilibrarsi: antiversione del bacino, aumento della lordosi lombo-sacrale, chiusura iliaca ossia apertura del piccolo bacino, rilasciamento e stiramento del perineo con gli sfinteri più o meno contratti a seconda delle pressioni pelviche.
Nella situazione contraria di ptosi, fibrosi, cicatrici e in ogni caso di algia del piccolo bacino il piano pelvico adotta uno schema di chiusura pelvica per permettere alle tensioni interne di rilasciarsi: retroversione del bacino, cifosi lombo-sacrale, apertura iliaca ossia chiusura del piccolo bacino, tensione del perineo per lavoro statico con tensioni eccentriche degli sfinteri che devono maggiormente lavorare.
Tutti questi compensi avranno, in diversa misura, ripercussioni su rachide, coxofemorali, ginocchia e, più a lungo termine, su tutto il sistema muscolo-scheletrico e duramerico. Allo stesso modo possono, i sistemi strutturale e duramerico, ripercuotersi sul sistema viscerale.

Il trattamento nella sua globalità

Il trattamento osteopatico parte da una valutazione palpatoria dell’intera struttura corporea per diagnosticare, prevenire e trattare le disfunzioni influenzate dal sistema muscolo-scheletrico, ossia quelle disfunzioni che non sono causate da altre condizioni pelviche patologiche più gravi e che pertanto necessitano prettamente dell’intervento specialistico del medico ginecologo.
Si può avvalere del trattamento dei punti trigger miofasciali, punti iperirritabili, in genere all’interno di un fascio teso del muscolo scheletrico o nella fascia del muscolo, dolenti alla compressione e che possono originare algia, ipersensibilità e fenomeni autonomi caratteristici.
Anche le tecniche riflesse possono essere usate per identificare e trattare delle disfunzioni somatiche del bacino, attraverso la ricerca ed il trattamento di modificazioni di zone connettivali, che sono la rappresentazione sulla pelle di uno stesso segmento che ha anche una zona di influenza sui muscoli e nel territorio viscerale.

Il trattamento osteopatico si completa con l’educazione posturale e un programma di esercizi per il pavimento pelvico, noti anche con il nome di esercizi di Kegel. A tal proposito è prima di tutto indispensabile valutare la funzionalità muscolare con una contrazione del pavimento pelvico chiedendo di “stringere come per trattenere l’urina” osservando anche l’eventuale contemporanea contrazione della muscolatura addominale, glutea e adduttoria degli arti inferiori. L’azione di questi muscoli è fisiologicamente sinergica, ma equilibrata e finalizzata al mantenimento della continenza secondo la direzione endoaddominale delle pressioni.

Nel caso si perda questo schema per deficit del pavimento pelvico, il primo tentativo di compenso messo in atto è il maggior reclutamento della muscolatura sinergica ma non direttamente implicata nell’azione di chiusura sfinterica. Il trattamento riabilitativo pelvico consiste in una serie di esercizi di contrazione e di rilasciamento della muscolatura del pavimento pelvico per riportarla sotto il controllo della volontà, strutturati secondo un programma sequenziale, a partire dall’approccio propriocettivo intravaginale sino la ripristino degli automatismi addomino-perineali. Sono previste tre fasi:

  1. esercizi per il riconoscimento dei muscoli del pavimento pelvico da contrarre verificando che non si contraggano i muscoli dell’addome e della natica;
  2. esercizi per il rinforzo dei muscoli del pavimento pelvico in posizione supina, seduta e in piedi;
  3. esercizi per l’automatizzazione dell’attività dei muscoli del pavimento pelvico, effettuando le contrazioni mentre si esegue una qualsiasi attività di vita quotidiana.Si possono associare tecniche di biofeedback e terapia cognitivo-comportamentale di supporto con un programma di gestione del comportamento che introduca in modo graduale una serie di abitudini relative al controllo della funzione lesa e desensibilizzi il paziente nei confronti di paure legate alla perdita del controllo sul proprio corpo, utilizzando l’automonitoraggio laddove sia possibile.
    Il successo del trattamento è legato sia al paziente che al terapeuta. L’impegno e la collaborazione del paziente nell’eseguire le istruzioni date circa le attività da effettuare autonomamente a domicilio sono fondamentali nel mantenere il risultato ottenuto al termine del trattamento. D’altra parte il terapeuta, in collaborazione con le varie figure professionali che si affiancano, deve farsi carico del paziente nella sua globalità cercando di impostare un programma terapeutico il più adeguato possibile e soprattutto orientato alla persona tenendo conto anche della sfera emozionale.

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