RIABILITAZIONE NELLE FRATTURE PROSSIMALI DEL FEMORE SOTTOPOSTE AD OSTEOSINTESI.
Studiare il comportamento di un’articolazione significa, per il riabilitatore, evidenziare le informazioni fondamentali per organizzare un programma riabilitativo che risolva i problemi legati alle patologie a carico di suddetta articolazione.
Per raccogliere, individuare e selezionare queste informazioni è necessario fare riferimento ad una teoria che permetta d’interpretare i dati e raccoglierli in modo organizzato.
Questa interpretazione è già operata dal riabilitatore durante l’osservazione del comportamento del paziente, che non sarà un’osservazione «pura» e asettica, ma influenzata dalle conoscenze di riferimento dell’osservatore.
In questa occasione sarà esposta una teoria riabilitativa, sviluppatasi negli ultimi anni, che fa riferimento ai processi che conducono alle conoscenze e che contribuiscono al recupero di certi comportamenti patologici.
Questa teoria riabilitativa definita come cognitiva è stata eleborata proprio sulla teoria cognitiva emersa dall’incontro degli ultimi studi delle neuroscienze, che hanno definito l’essere umano come sistema che interagisce con il mondo esterno e conosce attraverso il movimento e la costruzione d’informazioni.
Infatti questa teoria riabilitativa considera che il livello qualitativo e quantitativo del recupero, sia sponteneo che guidato, sono decisi dal tipo di processi cognitivi attivati e dalla modalità della loro attivazione.
Quindi l’osservazione del paziente, la previsione futura del recupero, la strutturazione degli esercizi devono essere elaborate dal riabilitatore sulla scorta dei contributi dati dalle neuroscienze che studiano i processi che permettono al conoscenza. La conoscenza è ritenuta un fenomeno biologico e quindi studiato e considerato nell’ambito riabilitativo «ogni alterazione biologica del nostro sistema nervoso modifica infatti le nostre capacità cognitive» (Maturana 1990), così come ogni apprendimento e nuova conoscenza modifica il sistema nervoso centrale. All’interno di questa interpretazione, il recupero del nostro malato è visto come una forma di apprendimento che si svolge in condizioni patologiche.
Altro punto fondamentale sul quale si basa la riabilitazione cognitiva è la visione del corpo come superficie recettoriale, che è in grado di frammentarsi e quindi di costruire le informazioni necessarie per conoscere ed assegnare un senso al mondo, attraverso il movimento.
Si può dire che, in un processo di circolarità, il sistema-uomo organizza, attraverso informazioni somestesiche, il movimento per conoscere e per costruire nuove informazioni.
In questo ambito farò riferimento all’articolazione dell’anca e quindi l’interpretazione di tipo cognitivo conduce ad analizzare il contributo che questa articolazione dà allo svolgimento delle funzioni peculiari dell’arto inferiore. In particolare verrà presa in considerazione la stazione eretta e la deambulazione, quindi la capacità di creare relazioni all’interno del corpo e con lo spazio extracorporeo.
Analizzando queste situazioni occorre, facendo ricorso alle scienze di base, superare la dicotomia tra attività posturale e movimento. Superamento supportato da lavori di Belenkij e Gurfinkel nel 1967, che avevano studiato l’attivazione anticipatoria dei cosiddetti muscoli posturali, rispetto ai movimenti volontari. Il fatto che quest’attivazione sia anticipatoria e non compensatoria pone il dubbio su come si possa considerare superata la separazione postura e movimento, anzi questa partecipazione è parte integrante del movimento e varia a seconda della funzione e dello scopo dell’azione.
Anche i dati anatomo- fisiologici, dall’organizzazione delle trabecole alla disposizione dei legamenti e della capsula, fanno pensare alla necessità di elaborare ipotesi circa il contributo dell’anca, nell’economia del movimento che tengano conto di una certa complessità.
Complessità confermata dagli studi di Gould e colleghi nel 1986, che mostrano la molteplicità di rappresentazioni dell’anca a livello dell’area cerebrale primaria, parallelamente alle rappresentazioni della mano, e dagli studi di Heffner e Masterton nel 1983 sul fascio piramidale, correlato all’evoluzione delle varie specie, dove viene formulata l’ipotesi che il fascio piramidale scenda fino al livello sacrale nelle specie più evolute per poter assicurare una dissociazione e indipendenza notevole tra gli arti superiori, gli arti inferiori ed il tronco.
Secondo questa visione, quindi si può considerare la muscolatura dell’anca raffinata e con compiti complessi. L’evoluzione della motricità dell’anca è in rapporto con la conquista dello spazio extracorporeo. Oltre a questa complessità muscolare ed articolare occorre ricordare che l’intervento chirurgico in molti casi rimuove la caspula articolare e l’articolazione alterando così buona parte dei recettori articolari, che non inviano più informazioni cinestesiche e pressorie al sistema nervoso centrale, con conseguente modifica delle strutture nervose. A questo punto possiamo passare ad analizzare l’intervento riabilitativo che deve essere iniziato pochi giorni dopo l’intervento.
Lo specifico motorio da superare con gli esercizi, in un paziente con questo tipo di patologia, è:
1. rigidità articolare;
2. deficit di afferenze somestesiche;
3. superamento della contrattura antalgica; 4. superamento deficit qualitativo e quantitativo del reclutamento di unità motorie.
All’interno della teoria cognitiva della riabilitazione, lo strumento di cui dispone il riabilitatore per guidare il recupero è l’ESERCIZIO. Le componenti che costituiscono l’esercizio servono per l’evocazione adeguata dei processi e delle strategie che conducono i pazienti alla conoscenza in maniera programmata in funzione del recupero.
Gli elementi fondamentali per l’esercizio sono: la presenza di un problema conoscitivo relativo alla funzione da recuperare che guida la scelta dell’ambito informativo; la presenza dell’ipotesi percettiva che il paziente deve costruire per poter risolvere il problema. Segue la verifica o convalida, per completare la struttura dell’esercizio conoscitivo. Per organizzare una condotta riabilitativa in quest’ottica, occorre eseguire un’analisi del deficit dal punto di vista funzionale e non tanto in termini di contrazioni muscolari analitiche. In questa sede sarà considerata la funzione della deambulazione che, per ragioni didattiche, sarà divisa in sotto- funzioni dal testo “La marche humaine” di Plas-Viel-Blanc (1975) Le fasi sono:
0% – 15% = approccio del tallone, abbassamento dell’ avampiede. Inizio del carico
15% – 40% = medio carico
40% – 50% = carico finale, spinta
50% – 60% = stacco (preparazione all’oscillazione)
60% – 75% = inizio dell’oscillazione
75% – 100% = fine oscillazione.
All’interno di questo schema evidenziamo il contributo dell’anca e le sue funzioni che riguardano il trasferimento di carico e la fase oscillante nella sua componente di direzione del movimento. Dopo aver proposto esercizi in posizione supina e seduta, si passa all’organizzazione della stazione eretta e deambulazione per recuperare la funzione dell’anca.
Appena possibile si rieduca il paziente alla stazione eretta anche senza carico, in modo che attivi uno schema corretto del cammino con entrambi gli arti inferiori. Il paziente è posto in piedi con il carico sull’arto inferiore sano posto su di una bilancia, mentre si richiede al malato di riconoscere con l’anca varie posizioni in senso anteroposteriore e latero-laterale ( fig.1). L’attenzio ne del paziente viene anche guidata al controllo dei compensi del tronco.
L’appoggio deve essere organizzato ed individualizzato sul paziente.


S’inserisce ora il sussidio del piano inclinato, sia posteriormente, che anteriormente con la richiesta di riconoscimento di posizioni e, successivamente, il raggiungimento delle stesse, in modo da riprodurre correttamente la fase oscillante (fig. 2)


fig.3b
Nella prossima esercitazione si utilizzano informazioni di tipo pressorio per organizzare il trasferimento di carico. Il sussidio è composto da spugne di densità diversa, poste anteriormente all’arto operato, la richiesta è la discriminazione delle differenze attraverso una leggere e programmata pressione del tallone. La spugna può anche essere collocata posteriormente per recuperare l’estensione dell’anca nella fase di stacco e spinta, che risulta spesso compromessa. (fig. 3a 3b).


fig.4b
S’inseriscono ora gli esercizi con le bilance per il riconoscimento da parte del paziente, del carico che viene trasferito gradualmente sull’arto operato, il trasferimento non è solo in rapporto ai due arti inferiori, ma anche all’interno dello stesso arto, inserendo la dinamicità del passaggio di peso dal retropiede all’avampiede. In questo caso si possono utilizzare 3 bilance. Una sotto l’arto sano e due sotto quello malato in modo che il carico sia ripartibile tra tallone ed avampiede. Si richiede l’esecuzione di compiti di raggiungimento con l’arto controlaterale, guidando l’attenzione del paziente allo spostamento di carico in senso postero-anteriore (fig. 4a 4b).
Si passa poi alla fase di trasferimento completo del carico con i seguenti obiettivi:
1. educazione al trasferimento di peso ed al mantenimento dello stesso in modo dinamico.
2. organizzazione dell’attività muscolare di fissazione dell’anca operata.
Per ripristinare la variabilità e la dinamicità del carico si propongono all’arto sano tutta una serie di esercizi con sussidi che riproducono situazioni di grande variabilità di relazione con lo spazio extracorporeo. In questo modo s’intende recuperare l’azione di fissazione dell’anca in modo dinamico e la capacità di effettuare le rotazioni di entrambi gli emibacini durante la deambulazione.
L’ultimo cenno sulla condotta terapeutica è riservato alla proposta di esercizi per aumentare l’intensità e la quantità del reclutamento delle unità motorie. L’ambito informativo è pressorio e di contatto e si utilizzano spugne di diversa densità.
Questa è solo una traccia generale di proposte di esercizi, in realtà è importante valutare caso per caso e costruire sul paziente e con il paziente le condotte più adatte. Sicuramente occorre tener presente alcuni principi fondamentali per l’organizzazione di un programma riabilitativo con l’esercizio terapeutico conoscitivo e cioè la presenza di un problema conoscitivo, dell’ipotesi percettiva e dell’utilizzo sempre dei processi cognitivi come attenzione, memoria, linguaggio e capacità di rappresentare il movimento. Fondamentale è anche tenere sempre presente la funzione da riablitare ed il contributo che il segmento interessato dà a questa funzione.
In questo modo si può condurre il paziente all’acquisizione di una deambulazione variabile ed adattabile per evitare le comparsa di problematiche come il dolore e compensi, dannosi per il sistema.
BIBLIOGRAFIA
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