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LA MANIPOLAZIONE DEL SNC E IL TRATTAMENTO OSTEOPATICO - FISIOTERAPICO

La salute può essere considerata la capacità di adattamento del soggetto all’ambiente ed è uno stato di adattamento in costante cambiamento, ha quindi una sorta di equilibrio che possiamo definire “dinamico”. Questo concetto, con l’osteopatia si sposa molto bene. Di fatto lo stress (distress o stress negativo) non è di per sé una malattia, ma è sicuramente una chiave di entrata per quella che può diventare una malattia futura. L’osteopatia potrebbe inserirsi molto bene in un’ottica di prevenzione più che di cura, cercando di fornire al soggetto una maggiore capacità di adattamento.
Già Seyle, nel classificare il concetto di stress, ha posto l’attenzione sui tessuti e sulle loro funzioni. L’osteopata individua l’alterazione della dinamica tissutale, frutto dell’eccessivo carico allostatico a cui sono sottoposte le strutture (intese come i tessuti) attraverso un unico strumento e cioè le mani, grazie alla palpazione percettiva.

Per fare questo, si deve andare oltre la persona fisica, cercare di conoscere al meglio il paziente, in modo da capire i livelli di carico allostatico a cui questa persona è assoggettata; non meno importante è la valutazione dei fattori genetico ed epigenetico. Il concetto di “struttura e funzione” è tenuto insieme primariamente proprio dal sistema nervoso vegetativo, il quale interviene sia sull’adattamento di tipo omeostatico che su quello allostatico.

I tre concetti che dimostrano una relazione logica tra osteopatia, SNV e il concetto di salute sono:

  • il principio di adattamento,
  • la palpazione percettiva,
  • le relazioni somatiche sulle quali interveniamo.

Adattamento

L’osteopatia ha alla base del suo razionale il riconoscimento della Disfunzione Somatica (DS).
La disfunzione somatica viene considerata come una chiave di adattamento locale e rappresenta la reazione locale dei tessuti ad un agente o un evento stressogeno. Di fatto poi si è visto che questo adattamento locale, in realtà, determina e promuove un adattamento più generale e viceversa: infatti, un’alterazione sistemica può arrivare a determinare anche disfunzioni somatiche locali.

In ambito osteopatico, si classifica a livello internazionale la disfunzione somatica attraverso quattro parametri:
T: modificazione della trama tissutale
A: asimmetria strutturale
R: riduzione del ROM (range of motion)
T: sensibilità o dolorabilità

manipolazione del SNC e trattamento osteopatico

manipolazione del SNC e trattamento osteopatico

Si è visto che lo stress locale, ma di fatto anche quello sistemico, interferisce sull’equilibrio del rapporto tra fibroblasti e matrice extracellulare. Quanto più i fibroblasti sono sottoposti a stress, tanto più la matrice extracellulare si contrae, e più questa si irrigidisce, più i fibroblasti si contraggono. Il risultato finale di tutto questo processo, se lasciato andare nel tempo, è la fibrosi tissutale, quindi la perdita assoluta della fisiologia del tessuto stesso.

L’alterazione della matrice connettivale determina riduzione del ROM articolare (se ci si riferisce ad una articolazione somatica, ma in effetti questo concetto si può trasferire a qualsiasi tessuto del corpo umano) con insorgenza di un limite articolare non fisiologico. Di conseguenza si viene a creare quella che in osteopatia viene definita una barriera di restrizione, che è praticamente il limite del movimento alterato nel punto in cui si è venuta a creare questa disfunzione somatica. Questa barriera di restrizione non deriva da fenomeni biomeccanici legati allo stato fisico ed elastico dei tessuti, bensì da riflessi muscolari profondi, indice di riadattamento neuronale.

Il dolore sappiamo essere una reazione di difesa fondamentale e in stretta relazione con i meccanismi di infiammazione neurogena: può perciò diventare in qualche maniera una sorta di innesco della stessa disfunzione. Qualunque stimolo negativo può determinare un processo di infiammazione cronica con sovraccarico allostatico, alterazioni metaboliche e riduzione della soglia di attivazione delle terminazioni nocicettive determinando quella che viene definita una sensitizzazione dei recettori. Il concetto di sensitizzazione ha sostituito il principio di facilitazione neurologica introdotto da Irvin Korr, portando il ragionamento su un piano di così detta memoria nocicettiva (ci sono infatti analoghi meccanismi neurofisiologici tra dolore e memoria). Il concetto di sensitizzazione contiene tanti aspetti di un unico circuito neurologico che determinano, attraverso vie riflesse differenti, sintomi diversi all’interno di uno stesso quadro clinico come ad esempio disturbi da stress post-traumatico, fibromialgia, dismenorrea.

Quindi, quando e perché trattare la disfunzione somatica?

È importante trattare la DS quando risulta non fisiologica e/o quando è sintomatica. Queste due condizioni sembrano contribuire a mantenere un circuito aberrante che può portare allo stato di malattia. L’osteopata, tramite la palpazione, individua tali condizioni nei tessuti tramite la palpazione percettiva. È molto difficile dare scientificità all’approccio osteopatico perché purtroppo la scienza ha bisogno di un intervento unico standardizzato e ripetibile e questo concetto è in contrasto con uno dei fattori principali dell’osteopatia e di tutte le terapie manuali e cioè l’interazione operatore-paziente. Ci sono migliaia di studi che attribuiscono al tocco una funzione affettiva, simbolica, la più elementare forma di educazione, una modalità sensoriale altamente complessa. Il tocco umano attenua la risposta fisiologica allo stress nei bambini e fa diminuire l’espressione del cortisolo, porta a una diminuzione dello stress e alla percezione del dolore, al miglioramento dell’umore, aumenta la fiducia nelle altre persone (comportamenti pro-sociali).

Su un piano più osteopatico ci sono due ipotesi che riguardano le diverse modalità palpatorie:

1. paradigma muscoloscheletrico: si ipotizza che ci sia una registrazione nell’ambito della valutazione di tipo propriocettivo esterocettivo che ci permette di interpretare gli aspetti biomeccanici, ad esempio le catene muscolari o la situazione posturale dell’individuo. Anche questa è una funzione integrata a livello centrale ed è un’efferenza che viaggia attraverso i motoneuroni alfa e gamma. Questa ipotesi rappresenta la prima interpretazione dell’approccio osteopatico.

2. paradigma interocettivo (più recente): è legato ad una registrazione passiva del movimento presente all’interno del corpo, ad esempio la semplice registrazione dei cicli di respirazione a riposo. L’osteopata sfrutta il light touch, cioè un tocco leggero. Questo sembra essere mediato da fibre meccaniche C, a bassa soglia di attivazione, le quali vanno a scaricare a livello di stazioni interocettive, in particolare alla lamina
II del midollo spinale, al talamo e alla corteccia dell’insula.

Questo tipo di palpazione è fatta attraverso un approccio propriocettivo perché durante i training formativi si allena la mano a lavorare con i muscoli lunghi delle dita attraverso un vettore di rinforzo propriocettivo di tutto il corpo che sfrutta la leva dell’arto superiore. Questo è fondamentale per cercare di mantenere la maggior inattività possibile a livello della mano in maniera da attivare solo i recettori palpatori.

A questo scopo Becker suggeriva di sfruttare dei fulcri cioè dei punti d’appoggio. Questi ci consentono di diminuire la nostra capacità efferente e di aumentare la nostra capacità afferente, ci permettono di essere meno induttivi sul sistema, di non influenzarlo da un punto di vista neurovegetativo. La completa inafferenza è impossibile, l’interazione operatore-paziente c’è sempre, però bisogna cercare di essere il meno induttivi possibile in maniera da poter registrare informazioni il più pulite e neutre.

A livello palpatorio trattare una zona disfunzionale, come ad esempio una cicatrice post-chirurgica, genera spesso la sensazione di un tessuto che si rilascia, si espande e «respira» maggiormente. Quello che è interessante è che alcuni studi hanno dimostrato che il fibroblasto tende a contrarsi ritmicamente ogni 99 secondi per le oscillazioni degli ioni calcio.

Questo ritmo si incrementa sempre più velocemente in uno stato infiammatorio e uno stimolo manuale sarebbe in grado di invertire questa progressione
In osteopatia si classificano tanti ritmi e più il contatto con il paziente è passivo, più il ritmo decelera. E più decelera il ritmo, più si evidenziano parametri collaterali come un abbassamento della frequenza respiratoria, il senso di maggior calore sotto la mano, la sensazione di minor densità.

Relazioni somatiche:

Il sistema somatosensoriale comprende:

  • Esterocezione: genericamente collegata al tocco, nello specifico alla registrazione sensoriale palpatoria
  • Propriocezione: utilizzata sia da parte dell’operatore che nel paziente (qualunque tecnica ostemioarticolare)
  • Interocezione: utilizzata nella palpazione percettiva attraverso modalità propriocettiva dell’operatore

Ci soffermiamo sul sistema interocettivo perché attualmente è molto studiato da chi fa ricerca in osteopatia per cercare di dare una spiegazione razionale al trattamento osteopatico.

L’interocezione è una consapevolezza soggettiva interiore che si evidenzia nel momento in cui si percepisce nel corpo un’emozione sia fisica che psichica (i recettori nervosi sensoriali, o interocettori, ricevono e trasmettono sensazioni da stimoli all’interno del corpo). La postura, quindi gli atteggiamenti con cui ci relazioniamo, sarebbe di fatto l’adattamento al mondo esterno rispetto a questo tipo di registrazione interocettiva. La consapevolezza corporea di sé include l’interocezione

A questo punto quali sono le relazioni evidenti tra osteopatia e SNA?

Nonostante questa relazione sia conosciuta fin da tempi antichi (relativamente antichi in quanto l’osteopatia è una terapia abbastanza giovane) si trova pochissimo materiale scientifico in materia.

Un concetto fondamentale in osteopatia è la famosa legge dell’arteria: “..un’arteria disturbata segna l’inizio, l’ora e il minuto, da quando la malattia semina i semi della distruzione nel corpo umano”. Se un tessuto sta soffrendo è perché l’apparato circolatorio non sta facendo il suo dovere e quindi se si trovasse la maniera di interferire con questo meccanismo, in qualche maniera si potrebbe migliorare la fisiologia di quel tessuto.

Quali sono le relazioni tra il sistema circolatorio e il SNV?

Consideriamo il linfatico perché è il sistema circolatorio con cui abbiamo un rapporto più diretto e dato che gli altri vasi hanno una componente muscolare molto più importante e di conseguenza sono quelli che, per fortuna, reagiscono meno alla pressione manuale. I vasi linfatici sono innervati dal sistema nervoso simpatico.

Altro aspetto fondamentale, il sistema circolatorio sanguigno e linfatico ha delle relazioni importanti con la risposta immunitaria, fornisce infatti la via per la circolazione delle cellule del sistema immune. Da vari studi si evidenzia che il SNA fornisce un meccanismo per una regolazione fine della risposta immunitaria

Anche il n. vago sembra avere una certa importanza sia sul piano immunitario, che sulla risposta infiammatoria e sul piano allergico.
Dove si localizza il SNA? Accumuli di sostanza grigia collocati a livello encefalico e nel midollo spinale danno origine a fibre nervose che escono prendendo le vie dei nervi cranici del III-VII-IX-X paio (parasimpatiche) e dei nervi spinali (ortosimpatiche). I nuclei sono collegati a centri viscerali superiori che si trovano nell’ipotalamo il quale è a sua volta collegato a varie strutture telencefaliche, alle aree limbiche e amigdaliche

Uno studio del 2016 ha portato a grosse novità sulle conoscenze del parasimpatico. Fino a quel tempo infatti si parlava anche di “parasimpatico sacrale” e con la manipolazione osteopatica del bacino si pensava di determinare dei riflessi parasimpatico-tonici; adesso sappiamo che non è così e che anche a questo livello si parla di ortosimpatico. Secondo questo studio infatti il parasimpatico sarebbe riferito sempre e solo all’area craniale

L’ortosimpatico si distribuisce con i nuclei midollari lungo il tratto dorsale. Le fibre simpatiche fanno sinapsi a livello delle catene ganglionari paravertebrali o perivertebrali oppure periviscerali. L’unica eccezione sono le fibre T10/L1 che vanno alla midollare del surrene (unica innervata da fibre presinaptiche) creando un importante rapporto cervello – midollare surrenalica. La cosa più importante è che le fibre ortosimpatiche vanno a innervare soprattutto i vasi e i tessuti connettivi.

I centri midollari ortosimpatici si ritrovano nella colonna intermedio-laterale strutturata a livello dorsale ma in maniera frammentata:

  • Centro cilio-spinale di Budge: C8-D3
  • Centro polmonare: D1-D5
  • Centro cardiaco: D4/D5
  • Centro splancnico: D5/D11
  • I nevriti di queste colonna penetrano nelle radici anteriori spinali.

    Metasimpatico

  • Sistema Intramurale: contenuto e gestito dalla fascia peritoneale viscerale
  • Sistema Extramurale: contenuto e gestito dalla fascia peritoneale parietale
    I vari gangli metasimpatici sarebbero estremamente sensibili alle tensioni delle fasce parietali di visceri, vasi e ghiandole.

Contrae rapporti con para (vago) per peristalsi, orto (nervi toraco-lombo-sacrali) per irrorazione, adenosimpatico (che connette le varie ghiandole, si collega al SNC attraverso il n. frenico che innerva timo, pericardio, diaframma e fegato. Sono infatti le relazioni del nervo frenico a spiegare determinate problematiche (correlazioni a distanza): una sofferenza della spalla dx in relazione a un problema riflesso proveniente dalla regione epatica, piuttosto che una patologia funzionale a livello gastrico o gastro-esofageo legato ad un dolore a livello cervicale o alla spalla sinistra.

Inoltre c’è un legame fascia-insula, messo in evidenza dagli studi di Schleip & Jӓger nel 2012, molto interessante rispetto ad una tecnica che viene utilizzata in osteopatia che è lo svolgimento fasciale, l’unwinding. L’ipotesi fornita è che ci sia una relazione tra input a livello insulare e risposte anche di tipo somatico. Questo permetterebbe tra l’altro di spiegare il concetto di “memoria del tessuto”. Secondo questo studio l’organo, per consolidare la memoria, passa da una destrutturazione a una ristrutturazione della matrice extracellulare. L’intero sistema fasciale si assesterebbe nel tempo a seconda delle azioni svolte, delle posture tenute e dei legami con il sistema nervoso e la circolazione per assumere un’organizzazione che rispecchi pienamente il vissuto emotivo della persona (Myers, 2009; 2014). Non a caso, lo stress cronico sotto forma di contratture fasciali e di infiammazione generalizzata viene spesso richiamato come punto di legame fra vissuto mentale e stato del corpo (Chetta, 2008; 2010).

Riassumendo, imparare a mantenere un’attenzione sostenuta durante un trattamento manuale è più che importante, non solo per avvertire cosa sta succedendo sotto i tessuti (di importanza comunque vitale), bensì per favorire nel paziente un importante cambiamento fisiologico

Se una delle aree coinvolte dall’attenzione è l’insula, abbiamo una possibile conferma dell’ipotesi (Cerritelli 2017) che il tocco di una terapia manuale come l’osteopatia possa, tramite l’interocezione, agire sugli stati di sensitizzazione centrale che si ripercuotono sul sistema nervoso vegetativo e che sono alla base di molteplici problematiche, acute e soprattutto croniche

A fronte di un’attenzione tattile sostenuta, basta un tocco veramente leggero (20 grammi di peso) per favorire potenzialmente grossi cambiamenti nella persona trattata

Fascial unwinding

Secondo Schleip in una tecnica di svolgimento fasciale il tocco dell’operatore andrebbe a stimolare i meccanocettori della fascia che a sua volta provocherebbero una riposta del sistema nervoso parasimpatico. Nel fascial unwinding infatti il paziente è in uno stato di profondo rilassamento e calma, a volte seguito da movimenti oculari rapidi, spasmi o respirazione profonda.

A livello locale invece vi è una riduzione del tono muscolare, una vasodilatazione, una minor viscosità tissutale, una riduzione del tono dei miofibroblasti
HVLA K4 e D4, decompressione C0C1, CV4. In letteratura si cita l’efficacia di singoli trattamenti mirati a modificare l’attività autonomica come la manipolazione della quarta costa e della quarta vertebra dorsale con tecniche HVLA (ortosimpatico), la decompressione dei condili occipitali e la compressione del IV ventricolo cerebrale (parasimpatico)

Manipolazione spinale

Possiamo affermare che sussiste evidenza di una variazione funzionale viscerale, a seguito di un trattamento manuale della colonna vertebrale
Gli effetti della manipolazione spinale sui riflessi viscerosomatici possono essere abbastanza complessi, producendo sia effetti eccitatori che inibitori. La conoscenza degli effetti della manipolazione spinale su questi riflessi e sugli organi bersaglio di essi è però ancora molto limitata

Si è visto che, in realtà, la risposta dipendeva da come veniva effettuata la manipolazione: la frequenza nella somministrazione del gesto è fondamentale nell’ottenere una risposta più eccitatoria o più inibitoria rispetto al sistema nervoso simpatico.
Tecniche articolatorie (TGO).

La mobilizzazione spinale provoca una naturale risposta eccitatoria del SNS indipendentemente dal livello della colonna vertebrale mobilizzata. Per mobilizzazione spinale si intendono movimenti graduali, passivi, oscillatori e frequenti, applicati al rachide per tutto il range articolare disponibile.
Sono necessari più studi su pazienti sintomatici per valutare, in un contesto clinico, l’eccitazione del SNS in concomitanza con l’ipoalgesia

Tecniche di pompa linfatica (LPT)

La pompa linfatica può essere applicata alla gabbia toracica, all’addome (pompa intestinale, epatica e splenica), piedi e gambe (pompa agli arti inferiori).
Clinicamente l’LPT è utilizzata per trattare infezioni ed edemi e sembra essere una terapia realmente coadiuvante nei pazienti affetti da polmonite
L’LPT aumenta il trasporto della linfa all’interno del sistema linfatico e aumenta il flusso della linfa e la circolazione leucocitaria.

Non si capisce in quale misura l’LPT mobilizzi direttamente cellule immunitarie dal tessuto linfatico al sangue. Ciò nonostante sembra probabile che questo aumento di cellule immuni, mediato dall’LPT, migliori la sorveglianza immunitaria che a sua volta aumenta ulteriormente la difesa contro le malattie infettive.
Aumentando il rilascio linfatico di cellule immunitarie, l’LPT può aumentare la protezione immunomediata contro le malattie infettive

L’LPT addominale stimola il rilascio di cellule immunitarie dai linfonodi e la loro immissione direttamente nella circolazione linfatica. In questi studi l’LPT aumenta anche il volume del letto linfatico e la concentrazione di cellule immunitarie all’interno della linfa dei cani. Risultati simili si sono osservati anche nel sistema linfatico mesenterico.

È stato identificato il tessuto linfoide gastrointestinale (GALT) come un tessuto che rilascia cellule immunitarie all’interno del circolo linfatico durante l’LPT. Questo avviene tramite la compressione ritmica dell’addome
Tecnica dei seni venosi
L’importanza clinica delle modalità di drenaggio linfatico craniale suggerisce una comunicazione tra il cervello e il sistema immunitario della testa e del collo, con una possibile regolazione selettiva verso l’alto e verso il basso

manipolazione del SNC e trattamento osteopatico
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