IL PIEDE: ORGANO DI SENSO E DI MOTO
Il Piede – L’evoluzione strutturale
Attraverso la scala evolutiva dell’uomo, il piede assume gradualmente forma, vestendo il significato di “struttura antigravitaria”. Negli anfibi, esso, rientra in un sistema di movimento ad arti trasversali e permette la progressione a mezzo di rotazioni attorno alla direttrice retroavampiede. Nei rettili l’arto in questione ha maggior rilievo ed è al servizio di una condizione meccanica che apporta un miglior rendimento.
La manifestazione evolutiva di base è la comparsa della tuberosità calcaneare che può essere evidenziata nelle specie più evolute dei rettili.
Nei mammiferi la struttura podalica diviene efficiente ai fini motori, si viene a definire la disposizione degli arti e la dinamica bipodale, episodica e d’imperfetta nei primati preumani, diventa vera e acquisisce nell’uomo valore di meccanismo motorio specifico.
Il piede sulla base della disposizione retro avanpodalica diviene atto a irrigidirsi per costituire leva nel meccanismo di propulsione.
L’evoluzione scheletrica porta alla formazione di una struttura podaliche costituita da 26 ossa e 2 sesamoidi. I diversi autori la distinguono in tre sezioni in base alla loro localizzazione.
La classificazione più semplice che viene effettuata in base alla struttura ossea è:
retropiede (denominazione che designa il complesso osseo costituito da astragalo e calcagno)
mesopiede (termine che va a indicare l’insieme di scafoide, cuboide, i tre cuneiformi)
avampiede (rappresentato dai cinque metatarsali e dalle falangi)
Altri autori preferiscono invece distinguerla in :
tarso (retropiede e mesopiede fatta eccezione per i cinque metattarsali)
metatarso
falangi
Ulteriore distinzione sviluppata sulla base della struttura ossea è:
piede calcaneare (termine che indica la struttura ossea laterale del piede);
piede astragalico (termine che indica la struttura ossea mediale del piede).
All’evoluzione scheletrica si associa quella muscolare: nell’uomo la mobilità podalica intesegmentaria propria dei primati pre-umani è quasi scomparsa, altresì, permane e si accentua la complessità della muscolatura podalica.
Questo dato è da evidenziare in quanto sottolinea come le formazioni muscolari assumano un ruolo fondamentale sia in rapporto alla funzione motoria che a quella sensitiva garantita dai fusi muscolari, poiché il piede è contemporaneamente organo di moto e di senso.
Nel progredire verso l’evoluzione massima, ossia quella umana, l’area podalica ha gradualmente acquisito l’attitudine all’irrigidimento, condizione che trova il suo equivalente meccanico nell’avvolgimento retro-avanpodalico e che pone le basi per l’intervento del piede dei meccanismi di controllo delle forze ambientali, che si concludono con la risposta antigravitaria.

LE PATOLOGIE DEL PIEDE NEL PODISTA
Le patologie più frequenti a carico del piede
Nella corsa la caviglia e il piede sono particolarmente esposti a patologie da sovraccarico. Da questo punto di vista, annoveriamo talalgie, metatarsalgie, fasciti plantari, tendiniti e distorsioni: situazioni invalidanti che costringono l’atleta a lunghi periodi di stop. Nello specifico, l’alterazione del piede non consente un normale avvolgimento e svolgimento del piede, con conseguente patologia da sovraccarico.
Le cause
I traumi del piede possono dipendere da fattori quali una condizione atletica scadente, terreni accidentati, squilibri muscolari, lassità legamentosa, deformità strutturali e alterazioni dell’appoggio piantare. A questi, si aggiungono le eventuali calzature inappropriate.
Le differenze tra piede pronato e supinato
Innanzitutto il piede alterna pronazione e supinazione durante le fasi di passo e corsa. Un piede pronato o valgo incontra difficoltà nella fase di spinta, con limiti oggettivi nella velocità e nel salto. Il piede supinato o varo è predisposto al gesto atletico (corsa e salto) ma paga dazio con un eccesso di instabilità.
Punto di vista clinico e diagnostico
Occorre prima di tutto individuare il tipo e l’intensità di lesione. Una corretta diagnosi poggia inevitabilmente su ecografia e approfondimenti tramite RX. Non va poi dimenticata l’utilità di esami di natura qualitativa e quantitativa. In questo senso, la baropodometria è indicata in fase pre e post trattamento, ma anche come prevenzione: permette, difatti, di individuare eventuali deficit di passo e quindi la possibilità di apportare correzioni.
Il trattamento
Nella maggioranza dei casi, le terapie somministrate sono conservative (terapia manuale, terapia fisica, ecc.). Molti problemi possono essere risolti con l’ausilio di plantari personalizzati, in grado di ristabilire i rapporti articolari, eliminando la sintomatologia dolorosa. Ancora, l’uso di plantari migliora la performance sportiva. In presenza di traumi particolarmente acuti, la terapia conservativa potrebbe non bastare, rendendo necessario un trattamento di tipo chirurgico.
Come deve comportarsi l’atleta nel momento in cui ravvisa segnali preoccupanti
È fondamentale prestare attenzione ai campanelli d’allarme, al fine di evitare l’abbandono dell’attività sportiva in genere. Quando il podista avverte dolore alle strutture tendinee e capsulo-legamentose, fasciti plantari, metatarsalgie ed episodi discorsivi, deve rivolgersi prontamente a uno specialista in grado di indagare sulle possibili cause.
Fonte: Dott. Paolo Tombolini – Aifi